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mercoledì 13 luglio 2011

Cacophony - "Speed Metal Symphony"

Shrapnel, 1987
Martin Adam Friedman: Washington D.C., 8 dicembre 1962, meglio noto come Marty Frediman. Virtuoso chitarrista solista che, una volta affermatosi, dal 1990 al 1999 si ridusse a fare il chitarrista più scontato del pianeta nella band più scontata del pianeta, i Megadeth, producendosi in qualche buon assolo e in riff banali oltre ogni limite. In seguito si produsse in lavori solisti tristemente influenzati dall’elettronica.
Jason Eli Becker: 22 luglio 1969, meglio noto come Jason Becker. Giovanissimo chitarrista virtuoso, all’epoca sedicenne. Nel 1991 gli venne diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica, una malattia che intacca la libertà dei movimenti colpendo il sistema motorio. Finì con l’impossibilità di camminare e addirittura di parlare, ovviamente dovette smettere di suonare la chitarra, e poté continuare la sua attività musicale solo con l’aiuto di opportuni sistemi computerizzati.

Ecco in cosa consisterebbero i Cacophony se esistessero ancora: un pagliaccio che, a dispetto delle sue immense abilità, si riduce a suonare coi Megadeth e poi in seguito a progetti elettronici, e uno sfortunatissimo talento bruciato dalla SLA, costretto su una sedia a rotelle senza nemmeno più l’uso della parola. Ma prima che le sabbie del tempo riducessero in questo stato i due guitar heroes, le cose erano ben diverse: la sinfonia dello Speed Metal suonava fiera e pomposa, grazie anche al contributo di un cantante niente male come Peter Marrino e di un ottimo batterista quale Atma Anur, come il quale - purtroppo - nel mondo dell’Heavy Metal se ne vedono pochi.
In fin dei conti bisogna dirlo: la band nacque quando Friedman arruolò il sedicenne Becker - furono loro il primo nucleo - e come è inevitabile che sia si tratta di un lavoro incentrato sulle incredibili evoluzioni dei due: assoli dopo assoli, ce n’è di tutti i tipi e di tutte le varietà: veloci, lenti, shred, melodici, lunghi, corti, e sono uno più bello dell’altro. E anche quando la chitarra si imbizzarrisce oltremodo e tutto sembra perduto, come in Concerto, ecco che all’improvviso si sfocia in note dolci e toccanti: sintomo di una superiore capacità di controllo dello strumento, oltre che di un notevole gusto compositivo.
Ma bisogna anche dire che il merito maggiore di quest’album non è tanto l’innata abilità del duo dalla corda facile, quanto tutto ciò che ci sta attorno: la band ha infatti avuto la grande intelligenza - che non è cosa da poco - di costruire molto bene i suoi brani, di non pensare solo alle chitarre e ridurre il resto a mero evitabile accompagnamento, di rendere tutto gradevole e interessante sotto ogni aspetto. Infatti le strutture dei brani sono interessanti, i riff ritmici sono molto belli, la batteria cerca sovente di esibisri in soluzioni personali con cambi di tempo molto Prog; inoltre trovano spazio anche momenti più pacati come il bell’arpeggio che apre The Ninja, e i ritornelli sono perfettamente riusciti - si vedano su tutti quelli di Savage e Desert Island. Questi aspetti “secondari”, che magari passano inosservati agli orecchi più superficiali, hanno invece l’incalcolabile merito di rendere l’album piacevole e variopinto: di riflesso migliora notevolmente anche la qualità degli assoli, perché invece che ridursi a piccole oasi in mezzo ad un oceano stancante di nulla essi suonano come querce secolari in un’ampia foresta rigogliosa.

Fu così che due talentuosi ragazzi seppero costruire i Cacophony, un progetto tanto magnifico quanto effimero che nondimeno ebbe il tempo di consegnare alla storia, forse senza nemmeno rendersene conto, uno dei dischi Heavy Metal più belli di tutti i tempi.

01 - Savage (05:50)
02 - Where My Fortune Lies (04:33)
03 - The Ninja (07:25)
04 - Concerto (04:37)
05 - Burn The Ground (06:51)
06 - Desert Island (06:25)
07 - Speed Metal Symphony (09:37)