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giovedì 6 giugno 2013

The Ocean - "Pelagial"

Metal Blade Records, 2013
Da certe band puoi aspettarti solo il meglio. Sai che non ti deluderanno, che qualsiasi cosa suoneranno sarà sempre una botta al cuore e ai sensi: i The Ocean sono una di queste band, da sempre infallibili e sempre pronti a sfornare dischi di altissimo livello. Dopo una sequenza impressionante di dischi enormi come "Precambrian", "Heliocentric" e "Anthropocentric", ritornano questa volta con un disco che per la prima volta è coerente col nome che la superband tedesca si è affibbiata: "Pelagial", infatti, si propone di esplorare finalmente le insondabili profondità oceaniche, partendo dal pelo dell'acqua fino ad arrivare alle paurose fosse che toccano gli undicimila metri di profondità, dove giacciono segreti imperscrutabili e dove vivono creature al confine tra la realtà e l'immaginazione.

"Pelagial" si presenta con un artwork curatissimo e con un formato doppio CD, per un totale di quasi due ore di musica che può essere descritta in poche parole come la somma perfetta di tutte le migliori caratteristiche dei The Ocean, i quali ormai hanno raggiunto una maturità artistica e compositiva da capogiro. Il disco è molto progressivo e si sviluppa proprio come se fosse una lenta discesa verso i fondali oceanici, resa alla perfezione da un impianto evolutivo che privilegia inizialmente i brani più diretti e semplici, per poi intensificare e complicare la musica fino a renderla pesante, greve, lenta e opprimente come l'immenso peso della massa oceanica. L'impianto sonoro non si è modificato particolarmente rispetto ai precedenti album: siamo quindi di fronte ad una nuova tempesta di post - sludge metal, dalle chitarre abrasive ma calde, e scandita da una sezione ritmica semplicemente distruttiva, che mai come in questo caso svolge un lavoro assolutamente chirurgico e sopraffino, nonchè estremamente fantasioso e tecnico. Riffing in continuo mutamento come se fosse un intersecarsi di correnti sottomarine, voce che spazia dal growl al pulito simboleggiando le correnti fredde piuttosto che quelle calde, intuizioni melodiche geniali che si associano a groove presi direttamente dal rock più diretto, mentre d'altro canto compaiono influenze doom metal e incupimenti atmosferici; "Pelagial" si mostra quindi come un prodotto eterogeneo, ottimamente sviluppato e concepito per non annoiare mai, in quanto il progresso è conosciuto per essere il più acerrimo nemico della noia. 

Ci rendiamo conto alla perfezione del concetto di progressività in "Pelagial" se lo ascoltiamo tutto di fila, unico modo per poterlo comprendere appieno. Le liquide note di pianoforte di "Epipelagic", accompagnate dal quieto sciabordio dell'acqua e dai riflessi del sole sulle creste d'onda, conduce presto alle esplosioni melodiche e trascinanti di "Mesopelagic" e delle due "Bathyapelagic", nelle quali oltre a ritornelli irrestibili e a fraseggi di chitarra esaltanti compaiono anche delle emozionanti fughe di pianoforte così come arpeggi di chitarra pulita dall'aria serena e distensiva, esattamente come potrebbe essere una nuotata in immersione a pochi metri di profondità, dove la luce penetra senza alcuna difficoltà e i pesci sono ancora di dimensioni piccole e familiari. Il consueto ottimo lavoro svolto dagli arrangiamenti di archi si sposa alla perfezione con questi primi brani solari, tutto sommato semplici da assimilare ma tutt'altro che banali. Perfetto è il bilanciamento tra la voce pulita e quella ruvida, mentre il basso pulsa rabbioso e la batteria si conferma come una protagonista assoluta delle trame strumentali e si merita le dovute attenzioni grazie a evoluzioni pregevoli e mai troppo esibizioniste (niente tecnicismi esasperati alla Portnoy, ma solo tanto buon gusto e tanta musicalità).

Fin qui, tutto bene: siamo ancora piuttosto vicini alla superficie, dove tutto sommato è facile tornare a prendere una boccata d'aria. Ma arriva il terzo capitolo di "Bathyapelagic" e la musica inizia a cambiare: i riff diventano più lenti e pesanti, la luminosità inizia a diminuire, vaghi dubbi di inquietudine vengono alla mente, sobillati da accelerazioni che stavolta hanno un sapore teso, invece che liberatorio come prima. "Abyssopelagic" riprende i temi delle precedenti canzoni illudendoci per un attimo che stiamo tornando verso l'alto, ma è un inganno: si continua ad andare in giù con "Hadopelagic", austera e nauseabonda, nella quale inizia a sentirsi l'immensa pressione della massa d'acqua che tenta di stritolarci; tuttavia, il nostro organismo si adatta alle condizioni estreme e qualche momento di tranquillità è concesso, come per esempio nel secondo capitolo della medesima "Hadopelagic". Ma con il raggiungimento dei novemila e rotti metri di profondità, non si ha più scampo: "Demersal" e soprattutto la conclusiva "Benthic" fanno emergere la nuova vena doom dei The Ocean, proponendoci quindici minuti di netti rallentamenti e di atmosfere plumbee, in un luogo dove la luce è completamente abolita e le forme di vita sono quasi totalmente sconosciute, e quel poco che ne sappiamo ci fa paura. Tocchiamo il fondo dell'oceano con un finale dai vaghi toni noise, e siamo arrivati alla fine del nostro viaggio oceanico, raggiungendo "l'origine dei nostri desideri" sugli impenetrabili fondali che costituiscono le fondamenta del mondo.

Tocca al secondo disco, ora, il compito di ruotare nel nostro stereo. Sorpresa! Tale disco non è altro che una versione interamente strumentale dell'album che abbiamo appena ascoltato. Registrato inizialmente solo in questa versione, a causa di problemi di salute del vocalist Rossetti, è stato poi integrato dalla versione cantata solo grazie al fatto che il cantante è riuscito a guarire in tempo per le registrazioni, e ha quindi potuto prestare la sua voce all'opera. Il risultato di questa disavventura è un disco che va ben oltre la versione bonus di un originale: la versione strumentale di "Pelagial" è infatti un disco che pur essendo formalmente identico al precedente, solo privato della voce, appare molto diverso, quasi più autentico e concettualmente più interessante. Lasciando concentrare maggiormente l'ascoltatore sugli intrecci strumentali e sulla raffinatezza di trame e arrangiamenti, la sensazione di vorticare nelle correnti oceaniche di profondità è ancora più forte, e non stupitevi se arrivati alla fine del primo disco vi ascolterete anche il secondo con la stessa meraviglia se non di più.

"Pelagial" è in definitiva un disco che ha dalla sua parte un'ottima capacità evocativa e una concettualità sviluppata nel migliore dei modi. Non tragga in inganno il fatto che i testi non parlano di acqua e balene, bensì dell'essere umano e della sua natura; sarebbe stato semplice narrare di argomenti inerenti l'oceano in sè, ma come sempre i The Ocean sono una band originale e preferiscono non essere banali, andando in questo caso a sublimare un elemento naturale trasformandolo in una discesa verso le profondità dell'animo umano, e non solo del mare. A livello musicale, non trovo assolutamente difetti: la produzione dà risalto ad ogni strumento ed è pulita e possente, il songwriting è eccellente e farebbe vergognare il 90% delle band attualmente in circolazione, se solo sentissero con quale naturalezza questi tedeschi sfornano trame musicali così affascinanti. Ancora una volta mi trovo a doverlo dire, la classe non è acqua e i The Ocean sono un gruppo che spero non smetterà mai di suonare musica di qualità così eccellente. Per chi già li conosceva, una stupenda conferma della loro arte; per chi ancora non è entrato in contatto con l'abissale realtà di questa band, consiglio vivamente un tuffo nei vorticosi meandri di "Pelagial", senza paura di annegare nè di rimanere schiacciati da quei miliardi di tonnellate di acqua fredda e inquieta.

01 - Epipelagic (1:12)
02 - Mesopelagic: The Uncanny (5:56)
03 - Bathyapelagic I: Impasses (4:24)
04 - Bathyapelagic II: The Wish In Dreams (3:18)
05 - Bathyapelagic III: Disequilibrated (4:27)
06 - Abyssopelagic I: Boundless Vasts (3:27)
07 - Abyssopelagic II: Signals Of Anxiety (5:05)
08 - Hadopelagic I: Omen Of The Deep (1:07)
09 - Hadopelagic II: Let Them Believe (9:17)
10 - Demersal: Cognitive Dissonance (9:05)
11 - Benthic: The Origin Of Our Wishes (5:55)