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venerdì 13 aprile 2012

Leech - "Against Leviathan!"

Woodsmoke, 2007
Immaginatevi di entrare in un negozio di dischi Metal e guardatevi attorno: scaffali pieni di CD dei generi più diversi con le loro copertine ben in vista, ognuna coi suoi colori e col logo della rispettiva band, e poi numerose t-shirt appese al muro. Avete mai pensato cosa c’è dietro tutta questa varietà di immagini e colori? Ci sono gli sforzi di centinaia di band, ognuna delle quali dedica una certa attenzione al proprio logo, all’artwork, all’immagine da stampare in copertina che in qualche modo dovrebbe ispirare ed invogliare la gente a comprare il loro album, dovrebbe rappresentare il tipo di proposta musicale, al fine di far presa sugli appassionati di quel genere.

Su tutt’altro piano si muovono i Leech, band americana che finora si è segnalata solo per alcuni demo e split tra cui figura Against Leviathan!, una demo composta da appena due brani che però si spinge oltre i venti minuti di durata. I Leech si presentano come una band del tutto elitaria, volutamente riservata ad un pubblico poco più vasto della cerchia di amici e familiari, e lo testimonia anche il formato con cui è uscita questa demo: limitata ad appena cento copie, il CD è racchiuso in un libricino di dodici pagine in cui la band spiega la propria ideologia anarco-primitivista. Pare che l’anarco-primitivismo - come mi suggerisce sottobanco l’Anarchopedia - sia una corrente dell’anarchismo verde che deplora l’inquinamento e l’alienazione portati dalla società industrializzata, e proclama un ritorno a condizioni di vita antecedenti. Ed in effetti gli interminabili titoli - che complessivamente sono più lunghi del CD - sembrano suggerire proprio questo disprezzo nei confronti dell’industrializzazione: "Subito la nostra casa fu sormontata da un ruggito che lacerò i nostri cuori, zittendo il vento e le quiete canzoni degli uccelli; realizzammo ciò che avevamo perduto [la natura], e cominciammo ad invocarla. Incatenati al fantasma di una bugia, inciampiamo ciecamente verso la nostra morte, fermandoci di tanto in tanto per calciare (ma senza mai dubitare) la carcassa marcescente ai nostri piedi che rallenta la nostra avanzata". Il ruggito metallico delle fabbriche, il soverchiamento della natura, le carcasse degli animali morti per l’inquinamento, sono questi i temi caldi, sempre attuali, che animano i Leech. Come se non bastasse, allegato a tutto ciò vi è anche un poster. Altre cinquanta copie della demo sono state pubblicate su cassetta - ma chi è che ascolta più le cassette? Insomma, stiamo sguazzando nell’underground dell’underground, nulla a che vedere coi gremiti scaffali del negozio di dischi Metal di prima.

Dopo essere stati investiti da tutta questa cura della propria immagine, viene spontaneo chiedersi: ma la musica proposta almeno è degna? Sono lieto di poter dire: assolutamente sì. La musica che la band ha scelto per accompagnare la propria visione primitivistica della società è un Black Metal di quello primordiale per davvero, prodotto che peggio non si può, in cui la chitarra pare arrugginita e le bacchette della batteria sembrano picchiettare contro una scatola di plastica; insomma le proverbiali registrazioni in una cabina telefonica - anche se forse nel caso dei Leech sarebbe meglio dire in un albero cavo, perché la cabina telefonica è già troppo industrializzata. Ma Against Leviathan! non è soltanto una massa informe di riff mal prodotti e blastbeat: tra le aggrovigliate increspature delle chitarre si cela una melodia onnipresente che fluisce in modo continuo, come se fosse un’anima pulsante che dona alla musica una vita propria. Per intenderci si tratta di un Black Metal alla Sventevith dei Behemoth, quel Black Metal un po’ Pagan inframezzato da vari arpeggi le cui melodie quasi nostalgiche trasportano immediatamente nel bel mezzo di un bosco. Non una proposta originale né particolarmente brillante, ma sicuramente molto efficace sotto il profilo emozionale, perlomeno per tutti coloro che sanno apprezzare questo tipo rozzissimo di Black Metal. Io non possiedo questa demo, ma l’ho sentita più e più volte su YouTube e posso dirvi che la sua euforia piacevolmente ingenua e scoraggiata non mi stanca mai. Vale davvero la pena di dedicargli un po’ di attenzione.

01 - At Once, Our Home Was Overcome By A Roar Which Tore Through Our Hearts, Silencing The Wind And The Quiet Songs Of The Birds; We Realised What We Had Lost, And Began To Call To Her. (11:40)
02 - Chained To The Ghost Of A Lie, We Blindly Stumble Toward Our Death, Stopping Occasionally To Kick (But Never Question) The Rotted Carcass At Our Feet Which Slows Our Pace. (09:29)