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venerdì 17 febbraio 2012

Akercocke - "Words That Go Unspoken, Deeds That Go Undone"

Earache Records, 2005
Una copertina assolutamente sensazionale che gioca alla grande sulla bicromia bianco-nero e sulla prospettiva vertiginosa ci rende edotti del fatto che gli Akercocke sembrano aver dato una grande svolta alla loro carriera: per la prima volta nella loro storia non compare una donna nuda! Ma talvolta le apparenze ingannano: infatti l’atteggiarsi dell’oscura figura che fumando si appresta a lasciare l’edificio lascia inevitabilmente supporre di aver da poco finito di consumare.

Non potrebbe esserci analisi migliore per introdurci alla filosofia musicale di Words That Go Unspoken, Deeds That Go Undone, il quarto full-length dei londinesi Akercocke: la band sembra aver in qualche misura sublimato il proprio stile, la propria incontrollata furia primordiale, completando la sintesi che il precedente ottimo Choronzon aveva audacemente iniziato. Non c’è la solita tracotante rabbia infernale, o meglio c’è ma è sotto un malefico controllo; stavolta è tutto più composto, oserei dire incravattato: proprio come la lussuria - tema ricorrente per la band - da esplicita si è tramutata in un’elegante allusione, lo stesso sembra fare la musica, la quale si rifugia dietro un ordine che ben si confà a quello di quattro diabolici gentlemen inglesi. Con questo non voglio certo dare ad intendere che la band sia scesa dalle glorie del suo personalissimo Blackened Death Metal per darsi ad una qualche improbabile forma di dark pop...sarà sufficiente tuffarsi nell’esplosiva Verdelet per poter ammirare ancora una volta tutta l’ineguagliabile classe britannica di un gruppo che si ostina a rifiutare l’idea di vivere di rendita, preferendo esplorare ogni volta sentieri non ancora battuti. Uno di questi conduce ad un piccolo “capolavoro nel capolavoro”, Shelter From The Sand, un opale degno di menzione speciale: si tratta di un brano che fluisce in un torbido oceano di tinte oscure per poi subire una catarsi verso la metà e concedersi un finale strumentale d’eccezione. Davvero notevole. Ancor più notevole però è il fatto che per il resto non ci sono particolari highlights da segnalare, non ci sono situazioni singole che si stagliano alte e fiere al di sopra del resto della musica: Words That Go Unspoken, Deeds That Go Undone è uno di quei rari dischi che pur senza strafare suonano grandiosi grazie ad una sapiente miscela musicale, in cui ogni singolo passaggio è perfettamente azzeccato, ogni cambio di scenario arriva al punto giusto e conduce nella direzione giusta, ogni singola nota è esattamente dove deve stare, e la produzione è perfetta rispetto allo stile proposto. Questo è ciò che mi pare di cogliere tutte le volte che ascolto questo stupendo disco. Tutto ciò che avete sempre amato degli Akercocke - tutto, e ovviamente di più - lo ritroverete anche qui, e ancora una volta in una nuova veste.

Le parole che non vengono dette conducono necessariamente a fatti che non vengono compiuti; eppure quest’album è stato compiuto, quindi qualcuno deve averlo detto. Non so chi sia questo qualcuno, ma lo ringrazio di tutto cuore: gli Akercocke continuano la loro marcia blasfema all’insegna della grande musica. Un disco prelibato per tutti coloro che non si accontentano del Death Metal come mamma l’ha fatto.

01 - Verdelet (04:45)
02 - Seduced (04:40)
03 - Shelter From The Sand (10:40)
04 - Eyes Of The Dawn (04:41)
05 - Abbadonna, Dying In The Sun (01:20)
06 - Words That Go Unspoken (05:12)
07 - Intractable (03:56)
08 - Seraphs And Silence (04:44)
09 - The Penance (04:32)
10 - Lex Talionis (03:29)