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mercoledì 8 febbraio 2012

Saturnus - "Veronika Decides To Die"

Firebox Records, 2006
Il terzo album dei danesi Saturnus (partorito a ben sei anni di distanza dal precedente "Martyre") trae il suo nome dall'appassionante romanzo di Paulo Coelho, ma a livello tematico non mostra alcuna affinità: rimane un mistero il perchè la band abbia deciso di associare quell'emozionante storia alla propria musica, ma forse le due cose hanno qualche aspetto in comune: entrambe infatti navigano nella malinconia e nell'introspezione, nella delicatezza dei sentimenti e contemporaneamente nella dimostrazione della loro sovrumana potenza.

Il disco completa la trilogia cominciata con l'ottimo esordio "Paradise Belongs To You", che proponeva un gothic - doom non banale e ricco di ispirazione, e proseguita con "Martyre", vero e proprio manifesto del metal come poesia e raffinatezza. Questo terzo album vede la band maturare notevolmente, intensificando i propri pregi e rendendo il sound assolutamente personale e facile da riconoscere tra mille. I Saturnus puntano tutto sull'emotività, che certamente non si può definire spicciola o banale: le loro composizioni, strutturalmente piuttosto semplici e quadrate, contengono tutte un'irresistibile vena romantica e passionale, che richiama storie d'amore tumultuose e veraci, non patinate o stereotipate. La relativa semplicità delle partiture ritmiche è ampiamente compensata da un lavoro di chitarra solista semplicemente superbo, marchio di fabbrica del gruppo che trova qui uno dei suoi massimi espressivi. La lunga opener "I Long", probabilmente il miglior pezzo mai partorito dai Saturnus, ne è una perfetta dimostrazione: dopo un grave e stanco pianoforte introduttivo, il pezzo prende vita come un lungo, appassionato assolo di chitarra che spezza il cuore, sostenuto da una voce cavernosa e sofferta che più che cantare recita, declamando versi di dolore e impotente anelito. Un break atmosferico centrale rende ancora più intensa la melodia che precede e segue, la quale si sviluppa lentamente come una serpentina di dolore che non trova pace e si crogiola nella sua inguaribile mestizia. Brano dall'intensità disarmante, rappresenta il paradigma di ciò che il gruppo ha da offrire: melodie cristalline e spaccacuore ad opera di una chitarra solista semplicemente superlativa, pesantezza sonora ben calibrata ma tuttavia non indifferente, attitudine tendenzialmente rilassata e sognante, che mitiga alla perfezione la rocciosità delle chitarre ritmiche e di una sezione ritmica sempre di buon gusto (le linee di basso in questo album sono qualcosa di spettacolare).

Il disco è comunque abbastanza vario, nonostante lo stile della band sia molto inquadrato. La successiva "Pretend" è un episodio più irruento, che esce dalla contemplazione e cerca una rivalsa, ma inutilmente: i suoi turbinosi giri di chitarra e basso smuovono gli animi, ma non riescono a permutare una condizione di sofferenza che sembra essere presente nel sangue dei musicisti. Lo dimostrano pezzi toccanti e tristi come "Descending" e soprattutto "Rain Wash Me"; il primo popolato da un assolo che definire malinconico è un eufemismo, il secondo un eccezionale duetto tra un pianoforte e una chitarra elettrica dotata quasi di voce umana, che si esprime con sfumature di una dolcezza estrema. La seconda metà del disco non presenta particolari novità, continuando a proporci cascate di tristezza e dolce rassegnazione: solo l'episodio finale "Murky Waters" sembra risollevare un po' le sorti, con ritmi leggermente più veloci, sonorità più aggressive e una memorabile cavalcata finale che ci dà una parvenza di luce, anche se in realtà la melodia portante ci vuole comunicare che per quanto ci sforziamo non riusciremo mai a liberarci dalla condizione umana, che è fatta principalmente di dolore e fatica.

"Veronika Decides To Die" piacerà moltissimo agli amanti del metal più poetico e delicato, quello che sa colpire al cuore lì dove è più debole, senza alcuna pietà. Un disco adatto per sedersi a riflettere dopo essere stati colpiti da un dispiacere o da una tragedia: le liquide note dei Saturnus sapranno cullare il vostro dolore e condurvi per mano lungo un percorso che piano piano potrà condurre alla luce, a patto di riuscire ad attraversare la sofferenza senza rimanerne schiacciati. Una catarsi per l'anima, disco da custodire gelosamente.

P.S: Davvero, io assoli di chitarra così belli come in questo disco li ho sentiti pochissime volte.

01 - I Long (10:53)
02 - Pretend (6:25)
03 - Descending (9:04)
04 - Rain Wash Me (7:22)
05 - All Alone (6:18)
06 - Embraced By Darkness (6:44)
07 - To The Dreams (5:47)
08 - Murky Waters (6:38)