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venerdì 17 febbraio 2012

Drudkh - "Estrangement"

Supernaul, 2007
"Estrangement" è la settima produzione discografica degli ucraini Drudkh nel corso di quattro anni. La prolificità di questa interessante band è ben conosciuta, e li ha portati ad una certa notorietà, anche se logicamente non tutti gli album possono essere di alto livello, se si pubblica a questi ritmi. Ciò non toglie che, una volta trovata la formula giusta e i fan affezionati, i dischi prodotti successivamente possano essere di qualità sopraffina, anche se non portano particolari novità. "Estrangement", infatti, pur essendo un disco senza troppe pretese di originalità (interna ed esterna al gruppo), si distingue per essere comunque un ottimo album, ispirato e ben composto quel tanto che basta per non cadere nel dimenticatoio. Anzi, devo dire che certe sezioni di questo album sono davvero memorabili.

Descrivere il sound dei Drudkh è piuttosto difficile, trattandosi di un black metal molto personale e immediatamente riconoscibile tra mille. Forse il loro tratto distintivo sono i riff corposi e grezzi, le melodie decadenti e autunnali, i particolarissimi assoli di chitarra disseminati a sorpresa lungo i loro brani, i ritmi che ricordano vagamente la musica popolare ucraina, così come i testi cantati esclusivamente in lingua madre. Ma non saprei dire con precisione cosa li rende unici. A livello di evoluzione, qualcosina è cambiato dai tempi del primo, glorioso "Forgotten Legends" e dal successivo e altrettanto magico "Autumn Aurora"; le atmosfere si sono lievemente alleggerite e c'è stato spazio anche per qualche esperimento, come il particolarissimo album acustico "Songs Of Grief And Solitude", che precede di un anno l'album in questione. Adesso arriva questo "Estrangement", composto da quattro brani che spaziano dalla malinconia al feeling epico, passando per sezioni crude e ruvide, e inserendo alcune idee melodiche di pregevole fattura. Il black metal "naturalistico" ed evocativo tipico dei Drudkh non è stato rinnegato, e seppur non sia ai livelli dei massimi capolavori della band, non mancherà di stupire e affascinare i fan di questa corrente musicale, che ultimamente sta riscuotendo molti consensi. I tre brani principali sono lunghi, tendenzialmente minimalisti, non troppo aggressivi e popolati quasi unicamente dagli strumenti base: chitarra distorta, basso, batteria e voce. Le precedenti suggestioni folkeggianti e atmosferiche sono state quasi totalmente soppiantate, e si è ritornati indietro nel tempo, spogliando il sound di qualsiasi orpello e proponendoci un black metal "modello base": sempre made in Drudkh, ma ridotto all'osso come ai tempi di "Forgotten Legends". Una cosa che si può notare è l'accelerazione dei ritmi, come in "The Swan Road" (2005), ma ciò che davvero rende fruibile questo disco è come al solito la bellezza delle linee melodiche: i pezzi macinano riff maestosi e suggestivi, su una base ritmica lievemente confusa e perfetta per descrivere le cangianti atmosfere naturali che il gruppo evoca con maestria. I brani sono piuttosto simili tra loro e l'omogeneità è evidente, tuttavia ogni tanto la musica ci lascia a bocca aperta con passaggi davvero notevoli, come la drammatica sezione centrale di "Solitary Endless Path", il velocissimo e funambolico finale di "Skies At Our Feet" o il break melodico di "Where Horizons End", dove un riff spettacolare duetta con un assolo grondante dolore da tutte le parti. Non che il resto del disco sia insignificante, anzi: su una base già interessante di suo, questi momenti "superiori" risaltano e donano al disco quel tocco di classe in più che gli fa ampiamente superare la sufficienza. Personalmente, poi, mi sento di promuovere questo disco con un voto molto più alto della sufficienza, solo per la presenza della conclusiva "Only The Wind Remembers My Name", che ritengo il più bel pezzo mai scritto dai Drudkh: una strumentale di quattro minuti epica, tragica e sconsolata, teatro di un assolo superlativo che pare quasi raccontarci l'immensa solitudine di cui è vittima. Difficile ascoltarla senza rimanere intimamente commossi da tanta forza espressiva.

Per concludere, "Estrangement" è sicuramente un buonissimo album, suonato con passione e impegno da una band che ha forse il difetto di volersi evolvere troppo velocemente, ma che brilla comunque per la sua indiscutibile vena artistica e per la sua genuinità. Non aspettatevi i fasti di un "Forgotten Legends" o di un "Blood In Our Wells", ma aspettatevi comunque una musica suonata con il cuore e con passione. Per quel che mi riguarda, promossi con ottimi voti.

01 - Solitary Endless Path (10:54)
02 - Skies At Our Feet (10:43)
03 - Where Horizons End (10:52)
04 - Only The Wind Remembers My Name (4:00)