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venerdì 8 aprile 2011

Mar De Grises - "The Tatterdemalion Express"

Firebox Records, 2004
La provenienza geografica di una band a volte risulta davvero sorprendente, in quanto ogni nazione si è guadagnata nel tempo la propria "specializzazione" musicale. Nell'ambito metal, per esempio, gli Stati Uniti e la Germania sono conosciuti per aver prodotto numerosissimi gruppi thrash; la Norvegia per aver dato alla luce le più capaci e seminali band di black metal; la Finlandia per il filone doom e soprattutto funeral doom. Se si ascoltasse "The Tatterdemalion Express" senza sapere da dove proviene il gruppo, si potrebbe tranquillamente dire che si tratta di una band finlandese, dato il doom roccioso e atmosferico celato tra i solchi. E invece no: i Mar De Grises provengono dal Cile, terra tradizionalmente non associata ad alcun genere di metal, come del resto un po' tutto il Sud America. Di finlandese, i Mar De Grises hanno solo l'etichetta, la sempreverde Firebox Records. Cosa mai ci sarà in un disco così apparentemente insolito? Tantissima musica di qualità, mi verrebbe da rispondere per prima cosa. Musica che non afferra subito alla gola, ma seduce ascolto dopo ascolto, lentamente ed irresistibilmente.

I Mar De Grises si definiscono un ibrido tra doom e progressive metal, ma ad un ascolto attento si possono classificare più efficacemente come doom atmosferico, con qualche venatura elettronica e sperimentale. Di certo, possiamo dire che la varietà di questo esordio è davvero notevole: in sette episodi, completamente diversi l'uno dall'altro e immediatamente riconoscibili già dopo pochi ascolti, troviamo musica altalenante, capace di passare dalla pesantezza più solenne e monolitica agli intermezzi più rarefatti e liquidi, e non manca nemmeno di collocarsi a metà tra le due, seppur non frequentemente. "The Tatterdemalion Express" dà infatti l'impressione di essere un disco che unisce due componenti ben distinte in un unico collage, ma che non conosce una vera e propria mediazione tra le due. Vi è una netta distinzione tra atmosfera e aggressività, e il gruppo non fa molto per sanare il divario. Con altre band, a volte, ciò risulta disorientante e lascia una sensazione di fastidio, di incompiutezza e incoerenza: la stessa sensazione che si può provare ascoltando superficialmente questo album. Con il progredire degli ascolti, tuttavia, ci si rende conto che i Mar De Grises hanno semplicemente lasciato libera di correre la loro vena artistica, partorendo composizioni che non seguono alcuno schema e sono libere di arrampicarsi come preferiscono lungo le pareti del disco, variando soluzioni e sonorità con sorprendente padronanza dei propri mezzi. Probabilmente hanno fatto apposta a non cercare una mediazione tra due componenti così distinte: e sono convinto che questo elemento dona all'album un'ottima longevità.

Un urlo mostruoso e un riffing desolatamente malinconico sono l'iniziale biglietto da visita di "El Otro",  chilometrica traccia d'apertura. Un muro sonoro impressionante coadiuvato da una voce tombale si sposa con singole e toccanti note di pianoforte, facendoci sentire nel pieno di una lenta Apocalisse: ma dopo pochi minuti tutto si azzittisce e comincia una lunga sezione strumentale, che potrei definire come "quiete inquietante". Suoni quasi impercettibili, distanti, freddi, che paiono sospesi nel vuoto, in cerca di un impossibile luogo dove trovare riposo. Questa sezione si prolunga per tutta la parte centrale del lungo brano, per poi esplodere nuovamente in un finale contorto e dissonante, dove l'aggressività riprende terreno e i riff si fanno urgenti e tesi. Non abbiamo quasi il tempo di raccapezzarci dopo tanto eclettismo sonoro, che subito "To See Saturn Fall" ci investe con una piacevole cascata di riff, stavolta più ariosi e positivi, ma celanti sempre una sottile malinconia di fondo che non ci abbandona mai, nemmeno per un minuto. Ritmi in continua evoluzione e ulteriori alternanze tra momenti pieni e vuoti ci portano ad un apparente, parossistico e terrifico finale che descrive molto bene il suono che potrebbe fare un pianeta che cade, per l'appunto quel Saturno descritto nel titolo: ma subito dopo la tempesta di riff torna a colpirci, con le chitarre che si aggrovigliano e tentano di liberarsi da una stretta attanagliante, mentre le linee tastieristiche in sottofondo conferiscono maggiore drammaticità al momento. Si fanno notare anche i suoni dei piatti, praticamente continui e scroscianti, come se i musicisti volessero esporci alla forza sgretolante dell'acqua. Di colpo la musica tace e arriviamo a "Storm", brano che si sviluppa su temi carichi di pathos ed emotività, ricalcati da una voce a metà tra il growl e il pulito, molto particolare. Un altro momento di apparente calma, sotteso da un pianoforte, ci porta ad un finale dove l'emozione raggiunge il climax, grazie ad una melodia che ci riempie di devastante malinconia, e che pare accompagnarci per mano verso l'ultimo saluto a questo mondo. La seguente "Recklessness" varia nuovamente le coordinate sonore, proponendosi come brano più veloce e aspro, dalla cadenza schiacciasassi che non disdegna melodie che fanno subito presa, e recitato in maniera magistrale da una voce malata e confabulante, un lamento di dolore che non trova sfogo e si lamenta della vacuità della propria vita. Dopo un episodio così roccioso e potente, cambiamo nuovamente coordinate e ci troviamo di fronte ad una strumentale di solo pianoforte, ricca di dissonanze ma capace di far breccia nel cuore di chiunque grazie ad uno sviluppo melodico quasi poetico, che ricorda non poco le atmosfere eteree dei compositori minimalisti moderni.

I primi due minuti di "Be Welcome Oh Hideous Hell" regalano le emozioni più intense di "The Tatterdemalion Express": un devastante assalto sonoro, che dopo un caleidoscopio di riff di chitarra vede la ritmica accelerare repentinamente ed esibirsi in un furioso blast - beat, mentre una voce sognante ed un delicato pianoforte toccano le corde più recondite dell'anima, con una naturalezza che ha dell'incredibile. Seguono altri minuti di pacate dissonanze e suoni sepolti, come se una bestia nascosta stesse per risvegliarsi: ed è ciò che succede nel finale, con una ripresa del tema iniziale ma reso ancora più ossessivo e senza via d'uscita. Brano sicuramente difficile da incasellare in una struttura o in un genere preciso. Concludiamo il nostro istrionico viaggio con la quasi strumentale "Onirica", che inizialmente può passare quasi inosservata per la sua assenza di distorsioni e per l'apparente mancanza di direzione musicale, ma che in realtà è un brano intenso e capace di farci passare da una trasognata estasi ad un brusco risveglio in una realtà fredda e ostile, abbandonata infine con lentezza e rassegnazione, al suono di un pianoforte e di una voce che parla in spagnolo (lingua utilizzata per buona parte dei testi, con buon risultato).

"The Tatterdemalion Express" è un disco che lascia inizialmente interdetti, e che ha bisogno di molto tempo per svelare il suo vero potenziale. Di sicuro non è un disco semplice, nè banale, nè facilmente incasellabile: ma dategli tempo, e scoprirete che i Mar De Grises hanno esordito con un disco speciale, originale e coinvolgente. Scopritelo pezzo per pezzo, senza fretta: presto vi ritroverete catturati dalle sue atmosfere e totalmente incapaci di districarvi dal blob emotivo che i cileni hanno preparato per voi.

Notevole.

01 - El Otro (11:42)
02 - To See Saturn Fall (8:08)
03 - Storm (10:47)
04 - Recklessness (5:43)
05 - Self Portrait no. 1 (4:28)
06 - Be Welcome Oh Hideous Hell (8:04)
07 - Onirica (7:13)