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martedì 12 aprile 2011

Sadist - "Crust"

Displeased, 1997
La parola “ibrido” viene usata in ambito metal sostanzialmente in due circostanze: la prima, quella più familiare, è per descrivere un genere musicale che incorpora i più disparati elementi: fusioni di musica classica ed elettronica su fondamenta Heavy, oppure sonorità Black costruite su strutture Prog con spunti tecnici, o ancora Death fortemente influenzato dal Jazz e dalla Fusion. La seconda circostanza invece è più rara e desta meno scalpore: mi riferisco a quegli album il cui genere musicale è l’opposto di quello appena esposto, cioè è un genere inclassificabile che però, invece che essere la fusione di più influenze ben distinte, è un coagulo di elementi di natura imprecisata.

Crust, terzo album dei Sadist, ne è uno degli esempi migliori. Che musica contiene Crust? Cosa sarà mai questo, Melodic Death? Non mi pare proprio. Allora si è forse spostato sul Nu Metal? Ma anche no. Forse molti degli spunti musicali sono riconducibili al Prog, ma questo tentativo naufraga completamente dato che le strutture dei brani sono tutto meno che progressive. Qui è tutto strano e inclassificabile: atmosfere allucinogene inqualificabili, un cantato che alberga in una sconosciuta Terra di Mezzo tra il growl e un clean decadente, un sound che non è né carne né pesce, lontano dal Death quanto dal Metalcore e dal Nu, delle ritmiche dinamiche che costituiscono un mondo a sé. Nemmeno le tastiere sono familiari: se nelle due uscite precedenti della band esse venivano usate negli assoli o comunque in modo abbastanza standard, stavolta assumono un ruolo difficile da descrivere e catalogare; si sa solo che contribuiscono in modo notevole all’atmosfera del disco. L’unica cosa certa è che quest’album, nonostante tutto, è comunque catalogabile come metal estremo - forse...o forse no? Boh, a voi la scelta. In conclusione non c’è un solo elemento in Crust che possa essere ricondotto a una corrente precisa, nemmeno uno.

Il risultato di questo incredibile inaspettato parto dei Sadist, che essi hanno chiamato Crust, è stato decisamente scarso: un album considerato dai più come un mezzo fallimento, un disco che manca di impatto e che non è all’altezza dei loro precedenti Above The Light ma soprattutto Tribe, dato che con quest’ultimo la band sembrava aver trovato un assetto stabile. Ma al di là di questi giudizi affrettati da parte delle menti più ristrette che pretendono che ogni band debba sempre riclonare sé stessa di album in album, qual è il risultato reale del nuovo Crust? Il risultato è grande. Questo come detto è un parto, non un aborto, ed è un parto andato a buon fine: il feto non è malformato. Al contrario, è in salute ed è un corpo tutto particolare che ha il suo inimitabile fascino. Semplicemente è diverso dagli altri.

Crust è uno di quegli album che dopo il primo ascolto lascia tutto com’era prima - un po’ come i proclami di certi filosofi. Non lascia stupore né delusione, semplicemente quando finisce ci si chiede: embè? Io stesso all’inizio ero scettico su quest’album. Tuttavia esce alla distanza: non perché sia troppo complesso e difficile da assimilare - sebbene del resto non sia nemmeno uno zuccherino - ma perché il suo fascino è nascosto, è occulto, è da scoprire poco alla volta. Dategli tempo, e lui vi darà in cambio tante soddisfazioni. Proprio come un figlio che non intraprende la strada voluta dallo stupido padre autoritario, riuscendo alla fine ad eccellere in ciò che egli ama davvero.

01 - Perversion Lust Orgasm (03:19)
02 - The Path (03:49)
03 - 'Fools' And Dolts (03:14)
04 - Holy... (03:04)
05 - Ovariotomy (03:43)
06 - Instinct (04:31)
07 - Obsession-Compulsion (03:56)
08 - Crust (02:42)
09 - I Rape You (04:19)
10 - Christmas Beat (05:17)