Pagine utili del blog

venerdì 22 aprile 2011

Sacrimony - "...And Abyss He Created"

Le Crèpuscule Du Soir, 2011
La prima cosa che colpisce di questo lavoro è la copertina, che raffigura una catena di maestose montagne, illuminate da una luce che sembra quasi ultraterrena. Cosa dunque si celerà dietro questa prima uscita del polacco Marcin, unico componente dei Sacrimony, progetto musicale scoperto e pubblicato dalla label francese Le Crèpuscule Du Soir? Ho la fortuna di ascoltare questo album in anteprima assoluta, e devo dire che questo album mi sorprende notevolmente, in vari modi: quasi tutti positivi, e qualcuno negativo. Vediamo il perché.

Dal punto di vista stilistico, i Sacrimony uniscono la lentezza e la marzialità dei ritmi Funeral Doom con un uso costante delle orchestrazioni classiche, le quali rivestono un ruolo spiccatamente protagonista e non gregario come solitamente accade. Tutto ciò si traduce in brani chilometrici, con scarsissime variazioni tematiche ma molti piccoli impreziosimenti come gli archi suonati a pizzico, i flauti e il pianoforte, che si inseriscono nel tappeto strumentale quasi con timidezza, ma con grande eleganza. Le chitarre, sintetizzate elettronicamente, sono pesantemente distorte e saturate, ma  suonano sempre in secondo piano, mentre a fare quasi tutto il lavoro sono proprio gli archi, che pennellano melodie celestiali e adatte a descrivere un momento "meditativo" e solenne, magari proprio in cima a quelle montagne che i nostri raffigurano in copertina. A dire la verità, le chitarre si limitano unicamente a produrre qualche accordo di accompagnamento, senza mai spunti melodici nè tantomeno assoli, totalmente assenti per tutta la durata del disco. Dunque è più logico considerare questo album come musica sinfonica spruzzata di metal, e non il contrario.

Dal punto di vista del carattere musicale, invece, i Sacrimony sono piuttosto lontani dai classici canoni del Funeral Doom: nella loro musica non c'è la pesantezza e l'attitudine oscura ed orrorifica di gruppi come Colosseum ed Esoteric; non c'è la tristezza devastante e l'attitudine "maledetta" degli Shape Of Despair,  e nemmeno le venature sperimentali dei Fungoid Stream, o la liturgica ritualità dei Pantheist. La musica qui è pacata e rilassante, ariosa e luminosa, dalle tinte epiche e mai angosciose. Inoltre, c'è un elemento che rende l'album abbastanza unico nel suo genere: esso è interamente strumentale. Proprio così: nessun growl, nessuna voce pulita femminile, niente cori sintetizzati, insomma niente di niente, se non qualche verso recitato stancamente nella traccia conclusiva. Una scelta che ricorda la musica degli Ea (il cui album "Au Ellai" è sicuramente tra i massimi ispiratori dei Sacrimony). Ma mentre gli Ea ogni tanto qualche parte vocale la inseriscono, qui non se ne parla proprio. Questo costituisce, a mio parere, l'elemento più interessante del disco, una scelta coraggiosa che rende l'album adatto veramente a pochi appassionati del genere, in quanto non è facile arrivare in fondo all'album se non si riesce ad entrare perfettamente in sintonia con questa musicalità ipnotica e monolitica. Forse fin troppo: quello che si può rimproverare ai Sacrimony è proprio l'eccessiva prolissità dei brani. Un colosso come "Shades In Grey", della durata di quindici minuti, sarebbe benissimo potuto durare anche solo dieci minuti, eliminando alcuni passaggi ridondanti che rischiano di far perdere la bussola all'ascoltatore, a meno che per l'appunto egli non stia ricercando una sorta di condizione estatica nella quale immergersi durante l'ascolto. Non è questo un album che può essere ascoltato con attenzione dall'inizio alla fine, in quanto l'estrema ripetitività dei brani renderebbe l'esperienza piuttosto frustrante.

I brani migliori del lotto sono sicuramente la sopracitata "Shades In Grey", che nel suo quarto d'ora abbondante si regge unicamente su due temi portanti, discretamente elaborati con l'aggiunta di strumenti diversi e di piccoli abbellimenti, ma totalmente privi di progressione melodica o armonica. Musica statica, sostanzialmente immobile, come un eterno preludio che non si risolve mai. Ma nonostante la ripetitività, è un brano maestoso e vibrante, carico di pathos e di emozione. Un'altra colonna portante è "Her Freezing Beauty", sempre monolitica e solenne ma più varia, e impreziosita da note di pianoforte davvero emozionanti nella loro semplicità. Purtroppo, il suono delle chitarre è a volte eccessivamente ronzante, e può risultare addirittura fastidioso: e questo riduce un po' il potenziale di un brano che con una migliore produzione sarebbe stato un vero capolavoro. "Angels Autumnal Shimmer" è un altro brano evocativo e magico, che non aggiunge nulla a quanto detto in precedenza, ma che brilla anch'esso di luce propria, e regala un momento di vera emozione con il vibrato finale; la conclusiva "...And Abyss He Created" è invece al limite della noia pura, consistendo di un unico tema ripetuto all'infinito, sul quale si staglia una cantilena allucinata, che poco ha a che fare con l'eleganza dimostrata fino a poco prima dai Sacrimony. Una conclusione davvero debole, che poteva sicuramente essere sfruttata meglio e non raffazzonata in questa maniera. La mosca bianca dell'album è la brevissima "Stay Under The Snow", posta in seconda posizione: un fiume pianistico impetuoso e violento, coadiuvato da sezioni di archi di notevole bellezza, che è forse il momento più intenso dell'intero album. Metaforicamente, esso potrebbe simboleggiare il raggiungimento della vetta più alta del mondo, sulla quale si arriva in un impeto di volontà per poi arrestarsi di colpo, una volta scoperto che non ci sono più altri ostacoli da superare.

In definitiva, "...And Abyss He Created" è un disco che non brilla per originalità, in quanto le soluzioni adottate sono già state ampiamente sviscerate da altri gruppi. Non c'è veramente nulla di nuovo, a parte l'idea di eliminare la voce. Molti si annoieranno e non riusciranno ad arrivare in fondo al disco, e forse nemmeno alla prima traccia. Si poteva certamente fare di più per rendere questo album un pochino meno monolitico, più vario e fruibile: ma tutto sommato, ai più strenui appassionati del genere questo album saprà regalare dei momenti speciali, per via della sua capacità di pennellare scenari fantastici, enormi valli erose dai millenni e cime vergini illuminate da un sole al tramonto. La colonna sonora ideale di una lunga camminata in montagna, alla fine della quale ci si ferma un po' ad osservare il panorama sottostante, con quel tipico senso di potenza e di mistero che emana dal trovarsi su uno di quei bellissimi e tremendi mostri di roccia.

01 - Shades In Grey (15:12)
02 - Stay Under The Snow (2:16)
03 - Her Freezing Beauty (9:40)
04 - Angels Autumnal Shimmer (12:09)
05 - ...And Abyss He Created (9:52)