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lunedì 24 gennaio 2011

Colosseum - "Chapter I: Delirium"

Firedoom Records, 2007
Questo primo capitolo inaugura la trilogia dei finnici Colosseum, band che ormai si è sciolta per sopraggiunta morte del leader Juhani Palomaki, già attivo negli Yearning ed impegnato nei suoi ultimi anni di vita con questo nuovo progetto Funeral Doom, dalle tinte fortemente oniriche e funeree, come una grandiosa tragedia teatrale. I nostri si muovono su coordinate sonore che definirei a metà tra le raffinate orchestrazioni degli Shape Of Despair e il gusto estremo dei Tyranny (altre due band casualmente finlandesi), e il risultato finale è indubbiamente di ottimo livello: i suoi punti forti sono un'attenta cura dei dettagli e soprattutto la presenza di linee melodiche molto evocative e sempre protagoniste assolute, che incantano i sensi e trasportano l'anima lungo sentieri maestosi e scenografici.

Come ciascuno dei loro colleghi, anche i Colosseum viaggiano su tempi esasperatamente lenti, evocano morte ad ogni singola nota, scrivono testi oscuri e allucinati e cantano con una voce ringhiosa e gutturale: nello specifico, la voce del compianto leader Juhani è un mostruoso lamento spostato completamente nel registro grave e costantemente raddoppiato, così da dargli un alone di funerea maestosità che può piacere o non piacere nel suo estremismo, ma che di certo non manca di personalità e inventiva. Ci sono altri elementi "anomali" che saltano piacevolmente all'orecchio, come gli inserti elettronici e tastieristici che aumentano la già spiccata teatralità della musica, oppure i lunghi e sognanti assoli di chitarra, eccezionalmente puliti ed espressivi: assoli che sono difficili da sentire in un genere che notoriamente non si basa su lunghe ed elaborate melodie chitarristiche. Gli episodi si susseguono con classe ed eleganza, sviluppandosi lentamente e facendoci vivere emozioni caleidoscopiche: sezioni che atterriscono, aperture melodiche sublimi, lente e disperate marce funebri, momenti onirici e psichedelici, parti strumentali che rilucono come diamanti neri dalla bellezza abbagliante. Il comune denominatore è la ricerca di una particolarissima "teatralità funerea", che poi proseguirà pressochè invariata nei due successivi full - length del gruppo. Se proprio devo citare un brano in particolare, non posso che soffermarmi sulla stupefacente "Aesthetics Of The Grotesque", brano dalle atmosfere enormi, quasi illimitate, intrise di una malinconia bruciante; ma il meglio arriva con l'incredibile coda, talmente imponente e maestosa da far scendere perfino lacrime di commozione, e senza nemmeno troppa difficoltà: uno dei momenti più meravigliosi che mi sia capitato di vivere ascoltando un album.

"Delirium", tuttavia, non è esente da alcuni piccoli difetti, che per quanto non siano particolarmente rilevanti, gli impediscono di elevarsi allo status di vero capolavoro. La solenne bellezza delle melodie e delle atmosfere non è sufficientemente controbilanciata da un songwriting dinamico e da uno sviluppo interessante di ciascun brano: ci sono anche episodi un po' statici ed eccessivamente pachidermici come "Saturnine Vastness" o "Corridors Of Desolation", che pur godendo di tutte le ottime proprietà che ho descritto prima, hanno un andamento un po' troppo pesante e ripetitivo che appesantisce il fluire dell'album. In generale il disco, facendo molto leva su alcuni elementi (melodie, suoni particolari, stati d'animo evocati) finisce talvolta per trascurarne degli altri, come la fluidità, la ricerca di progressione, la personalizzazione dell'accompagnamento chitarristico che qui è spesso costituito unicamente da accordi singoli. Con questo non intendo assolutamente dire che questo debutto sia un album che si ascolta un paio di volte e poi si butta via: contiene infatti molti brani troppo belli per dire una cosa simile, ma è vero che ascoltarlo tutto di fila è un compito gravoso e che lo spettro della noia potrebbe ogni tanto fare capolino. Quel che servirebbe per renderlo un capolavoro è un po' più di varietà nel songwriting e uno sviluppo meno lineare, ma tutto sommato posso dire che "Delirium" è un ottimo album, capace di far vivere momenti davvero meravigliosi: "Weathered", "Delirium" e "Aesthetics Of The Grotesque" sono capitoli che splendono di luce propria, anche se ho la netta impressione che questa band dia il meglio di sè quando è presa a piccole dosi, ascoltando i brani uno alla volta. In ogni caso, un lavoro notevole, che non manca di ispirazione e che non mancherà di commuovere gli animi più sensibili con la sua meravigliosa tragicità: per un appassionato del genere, almeno un ascolto è d'obbligo.

01 - The Gate Of Adar (10:50)
02 - Corridors Of Desolation (6:40)
03 - Weathered (13:00)
04 - Saturnine Vastness (10:09)
05 - Aesthetics Of The Grotesque (12:17)
06 - Delirium (11:40)