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martedì 18 gennaio 2011

Skepticism - "Alloy"

Red Stream, 2008
Padri del Funeral Doom Metal insieme ai connazionali Thergothon, che però si sono sciolti dopo un solo album, i finlandesi Skepticism hanno avuto una carriera lunga, ma non particolarmente intensa a livello di produzioni: dal 1991, data di formazione, ad oggi hanno prodotto solo quattro album completi, più una buona serie di EP, i primi testimonianti il loro passato di death metal band, gli altri delle curiosità sperimentali. rilasciati come anticipazioni degli album in studio, ma contenenti versioni differenti dei brani che sarebbero poi stati proposti nelle uscite ufficiali.  Questo stesso "Alloy" ha avuto una gestazione di ben cinque anni, al punto che si credeva che gli Skepticism si fossero irrimediabilmente persi, e invece eccoli qua. Come si saranno evoluti? Le ottime sperimentazioni di "Farmakon" saranno state portate avanti o ci sarà un ritorno alle loro (gloriose) origini?

Possiamo dire entrambe le cose. Il sound si è fatto sicuramente più semplice e diretto che in "Farmakon", dove predominavano le strutture dilatate e complesse; ma contemporaneamente è più "leggero" e meno mortifero di quello che trovavamo nei loro primi, pesantissimi lavori. Si potrebbe parlare di ritorno al passato, ma con la novità di essere un disco più facilmente fruibile, anche se è ben lontano dal potersi definire "commercializzato". Sarebbe un errore pensare che i maestri Skepticism abbiano deciso di concedersi al grande pubblico: già dalla prima traccia, la maestosa ed enorme "The Arrival", capiamo che i nostri non hanno perso nemmeno un briciolo di classe e di, se vogliamo, snobismo: la loro musica era e rimane per pochi appassionati, che amano farsi travolgere da un muro sonoro che evoca tristezza e malinconia di natura inestricabile, soffocante. Un brano che riesce a gettare su chi l'ascolta un velo di angoscia, tramite uno splendido e profondissimo growl che si unisce a linee melodiche solenni e meravigliosamente accompagnate dall'organo ecclesiale, strumento cardine dei finnici, quello che li ha resi famosi. Il disco prosegue su coordinate simili, esplorando sfumature sonore molto interessanti: "March October" è un pezzo che per certi versi avrebbe potuto stare anche su "Farmakon", grazie alla buona quantità di soluzioni melodiche e armoniche in esso presenti (addirittura una chitarra solista, cosa quasi sconosciuta nella musica degli Skepticism) mentre "Antimony" si fa notare per la grande quantità di riff di chitarra a cascata, che la rendono sufficientemente melodica da essere quasi piacevole, se non fosse per il raggelante growl e per il severo organo che non manca mai di far sentire la sua voce. Non posso mancare di segnalare anche la meravigliosa "Pendulum", brano lento eppure capace di creare una tensione emotiva fortissima, quasi fosse la colonna sonora di un film dell'orrore: tra accelerazioni, rallentamenti e giri strumentali che riportano al punto di partenza, il brano si sviluppa in un crescendo semplicemente esaltante, che sfocia in un finale dove la tensione raggiunge il climax, reggendosi su un tema inquietante che cresce progressivamente di forza fino ad esplodere in un epilogo vibrante e demoniaco. Chiude il disco "Oars In The Dusk", brano relativamente veloce e dinamico, che si conclude con un crescendo veloce e dal respiro epico, quasi da cerimonia militare. Al primo ascolto questo album potrà non colpire particolarmente i sensi e l'anima: bisogna rigirarselo un po', assimilarlo poco per volta e infine riconoscere che gli Skepticism sono stati capaci di guardare al futuro pensando al passato, e regalandoci ancora una volta un album di ottimo livello. Certo,  riproporre un'altra "The March And The Stream" o "The Falls" è difficile, ma nessuno ha detto che sia per forza necessario. Complimenti ai ritrovati Skepticism!

01 - The Arrival (6:38)
02 - March October (10:30)
03 - Antimony (8:46)
04 - The Curtain (5:48)
05 - Pendulum (9:13)
06 - Oars In The Dusk (6:22)