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mercoledì 11 maggio 2011

Dream Theater - "Images And Words"

Atco Records, 1992
E' un fulmine a ciel sereno quello che investe il mondo musicale nel 1992: dopo una decade non esattamente allettante per gli amanti del progressive, influenzata sopratutto dal movimento neo-prog , un gruppo americano forte della lezione dei Queensryche, decide di unire la passione per gruppi come i King Crimson, I Rush e i Pink Floyd ad un sound moderno e graffiante. La band in questione, ovviamente, sono i Dream Theater, che pubblicano uno dei dischi più importanti del decennio perché sarà proprio grazie a questo album che il metal uscirà dall'orbita Heavy e Glam, segnando un punto di svolta epocale verso la composizione di musica metal raffinata.

E' difficile recensire un disco di questa fama e portata, oltre a fondare in senso canonico il progressive metal, porterà questo genere ad essere uno dei più ascoltati nell'intero ambito metal, ovviamente l'ondata di recensioni è ed è stata copiosa; spero, comunque, di riuscire nel mio intento cioè quello di far capire che questo disco non sia esente da difetti ma che sia, comunque, un'opera fondamentale con la quale tutti i dischi, in ambito progressive, vengono tutt'ora confrontati.

Ricorderò in eterno la prima volta che ho ascoltato “Pull me Under”, un' intro di chitarra in clean si sviluppa fino ad esplodere in potenti powerchords, la batteria è ricca di figure ritmiche e il cantanto in crescendo costruisce il climax che ha il suo acme nella sezione centrale. - Il progressive è tornato - ho pensato ma i suoni erano graffianti e moderni. In ogni caso, va detto, la parte finale non è all'altezza di quella centrale. Le casse hanno poi lanciato “Another Day”, impressionante ballata progressive metal dove un elegantissimo sassofono si unisce alle distorsioni, neanche il tempo di riprendermi da cotanta bellezza ed è partita “Take the Time”, questa volta a farla da padrona è la sezione ritmica, il basso a cinque corde e la batteria costruiscono le basi dell'intera canzone, con perizia tecnica e gusto raffinato. Poi è il turno di “Surrounded” altra ballata di pregevole fattura, dove l'accento è posto sul crescendo vocale del cantante LaBrie, per finire in uno splendido affresco di pianoforte che apre le porte alla mastodontica, magnifica, celeberrima “Metropolis part 1” vero e proprio manifesto del progressive anni novanta, permeata da una complessa struttura in forma suite di lontani echi crimsoniani, che porta l'ascoltatore in diverse e sfaccettate dimensioni, un'introduzione che arricchisce ogni battuta di sfumature ha il compito di sorreggere fino alla botta al fulmicotone, che precede il cantato, la sezione più propriamente metal che rimane sospesa da una (forse eccessiva) sezione strumentale, per poi riprendere laddove il refrain ci aveva lasciati e chiudere cosi la suite. Ma l'ascolto continua ed è il turno di “Under a Glass Moon” dove sono i suoni delle tastiere, intrisi delle distorsioni della chitarra, a creare una splendida atmosfera orientaleggiante che non può non ammaliare, l'assolo centrale però, se vogliamo, è molto tecnico e scolastico e decisamente meno ispirato dei meravigliosi riff che attraversano la traccia fino alla sua chiusura. Chiusura, questa, che crea un forte contrasto con il brano più sorprendente dell'album, “Wait for Sleep” : una meravigliosa ballata per voce e pianoforte crea un opera breve e onirica che è l'autentico gioiello del disco; questa volta a spuntarla è l'originalità di Kevin Moore (alle tastiere) dove la musica evoca l'immagine eterea della protagonista.
Siamo in dirittura d'arrivo, i nostri affidano la chiusura ad un' altra suite, “Learning to Live”. E' una suite molto ben costruita che ad una prima impalcatura vocale contrappone un medley delle armonie portanti del disco fino a dissolversi. Vale la pena di sottolineare, per quest'ultimo brano e in generale per tutto il disco, un songwriting più che discreto.

Questo mio ascolto, ricco di variazioni e di sfacettature, ha avuto il merito di instillare in me, e in torme di altri ascoltatori, l'interesse verso il metal progressivo, pregio, questo, di un disco magari non perfetto, a volte carico di tecnicismi un pochetto fini a se stessi ma, al contempo, autentica fusione di immagini e parole che i Dream Theater hanno saputo dipingere, con i pennelli della musica, all'interno della nostra mente creando quella che è forse la più importante opera in ambito progressive degli ultimi vent'anni.

01 - Pull Me Under (8:14)
02 - Another Day (4.23)
03 - Take The Time (8:21)
04 - Surrounded (5:30)
05 - Metropolis Part I : The Miracle And The Sleeper (9:32)
06 - Under A Glass Moon (7:03)
07 - Wait For Sleep (2:32)
08 - Learning To Live (11:30)