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sabato 21 maggio 2011

Nile - "Amongst The Catacombs Of Nephren-Ka"

Relapse, 1998
Oggi quest’album, se paragonato al presente della band, è un piccolo pezzo di antiquariato che verrebbe conservato gelosamente in un eventuale museo del Metal. Lo stile della band è ormai consolidato in un Brutal Death epico e progressivo, solido e dinamico, in una parola: mostruoso. In Amongst The Catacombs Of Nephren-Ka sono presenti in maniera molto indiretta tutti i germi di questo futuro glorioso, germi che rimangono accennati, inespressi, compattati insieme in una sorta di brodo primordiale: Amongst è il brodo primordiale dell’universo dei Nile.

Nella formazione che registrò questo disco l’unico membro attuale dei Nile è il chitarrista e fondatore Karl Sanders, che tra l’altro si occupava in toto delle chitarre: comparivano poi Chief Spires al basso e il grande Pete Hammoura alla batteria, mentre il cantato era appannaggio di ciascuno dei tre membri - lo storico Dallas Toler-Wade sarebbe entrato in formazione solo nell’album seguente, e per vedere all’opera il devastante inarrivabile George Kollias bisogna attendere fino alla vera svolta della band: Annihilation Of The Wicked del 2005. Descrivere questo primo full-length del terzetto è semplice. Immaginate un album Brutal Death di quello datato: poco più di mezz’ora di durata, brani brevi e fulminei, riff veloci e spessi con un sound nero e grezzo, ritmo infernale, growl cavernoso, assoli di chitarra velocissimi e imprecisi; e dopo aver immaginato tutto ciò aggiungeteci un alto dosaggio di robusti toni epici guerrieri, toni dal gusto risalente al periodo delle antiche civiltà mesopotamiche, con però locazione Egitto. Questi toni di battaglia sono realizzati con strumenti tipici, nella fattispecie il damaru d’osso umano, un piccolo tamburo indiano a forma di clessidra; il suggestivo flauto d’osso; il gong turco; e infine il dumbeck, il tipico tamburello che nell’immaginario collettivo viene attribuito alle popolazioni africane. Non di rado tra il tumulto generale dei riff selvaggi trovano spazio delle piccole culle in cui grazie a questi strumenti si sviluppano melodie ipnotiche. Il bello di questo album è anche il fatto che i brani sono riconoscibili, fatto insolito in ambito Brutal Death, e sebbene siano tutti di ottima fattura ve ne sono due che emergono su tutti gli altri: Ramses Bringer Of War, che contiene un crescendo esplosivo strepitoso tra due assoli di chitarra, e Beneath Eternal Oceans Of Sand, perfetta col suo arpeggio arcano e desolante come brano di chiusura.

La durata dei brani è esigua, la durata totale dell’album è quasi la metà rispetto a quelli recenti, ma la velocità, la brutalità, l’abilità tecnica, le capacità compositive e le tinte epiche egiziane ci sono già tutte: semplicemente esse sono compattate, pressate rudemente l’una contro l’altra in una durata temporale esigua, in un antro oscuro tra le catacombe di Nephren-Ka. E forse è proprio questo il fascino immortale di questo piccolo pezzo di antiquariato.

01 - Smashing The Antiu (02:18)
02 - Barra Edinazzu (02:47)
03 - Kudurru Maqlu (01:06)
04 - Serpent Headed Mask (02:18)
05 - Ramses Bringer Of War (04:46)
06 - Stones Of Sorrow (04:17)
07 - Die Rache Krieg Lied Der Assyriche (03:13)
08 - The Howling Of The Jinn (02:35)
09 - Pestilence And Iniquity (01:54)
10 - Opening Of The Mouth (03:40)
11 - Beneath Eternal Oceans Of Sand (04:18)