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martedì 17 maggio 2011

Maudlin Of The Well - "Bath"

Dark Symphonies, 2001
Il 2001 è stato un anno fondamentale per il metal, sopratutto nelle sue branche più sperimentali; l'inizio del millennio ha dato infatti alla luce diversi dischi che abbinavano ricerca musicale e discreto successo di vendite, come ad esempio “Lateralus” dei Tool o “Toxicity” dei System of a Down. Accanto a questi dischi sono andati poi ad accostarsi dei lavori molto ricercati, anche se, purtroppo, hanno conseguito meno successo commerciale. Probabilmente il migliore di questi album è “Bath” dei Maudlin of the well, che fa del suo punto di forza la commistione fra post-rock, death-metal e jazz.

Il tema principale del disco, supportato sia dalle musiche che dai testi, è il viaggio astrale; una forma di esperienza extracorporea dove, durante il sonno, il nostro io viene estroverso dal corpo. La band ha più volte dichiarato, infatti, che la composizione del disco è avvenuta durante diverse sedute necessarie per attivare il viaggio astrale. Questa influenza ricade anche sulla ricercata produzione: i suoni sono infatti filtrati per suonare il più possibile sognanti. Questa premessa è essenziale per capire il rapporto dicotomico delle diverse canzoni, le esperienze oniriche, infatti, non sono sempre di carattere tranquillo ma vengono alternate da veri e propri incubi. Troveremo, quindi, accanto a brani dolci come “The blue Ghost” autentiche “efferatezze” come “They aren't all Beautiful”. Sono questi cambi atmosferici a rendere completa l'esperienza di ascolto di “Bath”, che riesce ad ottenere un perfetto equilibrio fra le componenti alterando i generi ma anche le strutture delle canzoni. Particolarmente positivi, da questo punto di vista, sono brani come “The Ferryman” che integrano un'intelligente apertura d'organo (!!!) con elementi jazzati di chitarra in clean fino ad erigere una spirale di cantato femminile su uno sfondo costituito da vortici di chitarra distorta; "Girl with a Watering Can", invece, cesella sapientemente il canto feminnile all'interno di strutture jazz creando una fortissima sensazione di distacco. Spicca anche, in questo scorcio di panorama onirico, la commuovente “Geography”, dove il cantato in growl viene messo da parte per sfoderare una meravigliosa sezione in moog. Il capolavoro del disco però è la splendida “Birth Pains Of Astral Projections” che, grazie al suo intercedere di atmosfere metal e jazzate, di violenza e di estasi, porta l'ascoltatore in un percorso che ha l'apice in un vellutato assolo di sassofono.

Ma “Bath” non si limita a questo, ogni traccia è sapientemente creata per imprimersi, almeno a livello emotivo, nell'ascoltatore. Gemello di “Leaving your Body Map” uscito lo stesso anno, Questo album riassume l'anima istrionica dei componenti del gruppo ed è la testimonianza che è possibile,volendo, creare un'avant-garde metal eccezionale pur distaccandosi dalle radici black del genere. Un disco consigliato non solo agli amanti della sperimentazione, ma in generale a tutti coloro che pensano di avere un rapporto con la musica di qualità, la sua contemplazione rende questo ascolto un'esperienza che non si conclude con lo spegnimento dello stereo; prenotate, quindi, la seduta: dopo questo disco difficilmente l'anima tornerà da sola nel vostro corpo.

01 - The Blue Ghost / Shedding Qliphoth (7:57)
02 - They Aren't All Beautifull (5:36)
03 - Heaven And Weak (7:42)
04 - Interlude 1 (1:38)
05 - The Ferryman (7:50)
06 - Marid's Gift of Art (3:41)
07 - Girl With a Watering Can (8:44)
08 - Birth Pains of Astral Projection (10:34)
09 - Interlude 2 (2:12)
10 - Geography (5:00)