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domenica 22 maggio 2011

Ulver - "Bergtatt - Et Eeventyr I 5 Capitler"

Head Not Found, 1995
Ho scoperto tardi gli Ulver, ma dal momento in cui mi sono deciso a conoscerli e ad approfondirli, non posso più farne a meno. Sembra strano aver incrociato con un tale ritardo un gruppo come gli Ulver, in quanto sono tra i gruppi più capaci ed influenti nell'intera scena black metal: e ancora più strano è scoprire quanto questa band sia stata capace di rinnovarsi, fino a stravolgere totalmente il proprio stile. Merito del mastermind, Garm, che è riuscito a creare prima un album black - folk, poi un album di solo folk, uno di solo black, e poi passare alla musica elettronica, al trip - hop e alle colonne sonore. Di questo insolito cammino evolutivo, "Bergtatt" è il primissimo passo: un concept album della durata di poco più di mezz'ora, narrante la storia di una ragazza, Pige, persa in un bosco norvegese. In quella foresta oscura e fredda la ragazza farà conoscenza con innumerevoli spiriti malvagi, che la porteranno inesorabilmente a fare una brutta fine, ma senza che per questo la voluttà assassina della natura venga placata.

 Il sound di questo "Bergtatt" stravolge un teorema del black metal, ossia che un disco black debba per forza essere registrato male, per essere "vero". Falsissimo! "Bergtatt" gode di una produzione stellare, pulitissima, che riesce a mettere in risalto ogni elemento: l'aggressività delle chitarre, la precisione dei blast beat, le stupende linee vocali pulite di Garm (costantemente raddoppiate tramite sovraincisione, per aumentare l'effetto "sognante" ed evocativo), la bellezza dei flauti e delle rare ma intense parti di pianoforte, i suadenti stacchi di chitarra acustica che esprimono al meglio i momenti di apparente quiete nella triste storia qui raccontata. Interamente cantato in danese antico, l'album è un concentrato di pura poesia e folklore nordico: aggressività e melodie panteistiche, quasi new age, si danno battaglia per tutto l'album cercando di sopraffarsi l'un l'altra, e riuscendo in questo modo a guadagnarsi eguale spazio. Ciascuno dei cinque capitoli che compongono l'album ha un suo senso e una sua direzione: vale la pena di analizzarli uno per uno, così da entrare propriamente nel concept, che è assolutamente indispensabile capire per poter apprezzare l'album.

Capitolo I. Una chitarra decisa ma molto melodica fa da suadente tappeto alla voce di Garm, una voce trasognata e delicata, così come la protagonista della storia, che si allontana verso il bosco ignara della sua imminente sorte. La ritmica rimane pressochè uguale dall'inizio alla fine della canzone, ma questo aspetto passa in secondo piano in quanto le stupende armonie vocali e le parti soliste di chitarra assorbono tutta l'attenzione dell'ascoltatore. Solo nel finale il ritmo cambia e fa capolino una linea melodica apparentemente giocosa, ma in ultima analisi piuttosto malinconica: essa ci trascina irrimediabilmente in un crescendo entusiasmante, fino a sfumare con dolcezza. Siamo solo al primo brano, ma già rimaniamo impressionati dalla bellezza della musica, che con pochi elementi sforna un'espressività fuori dal comune.

Capitolo II. Come non commuoversi ascoltando il primo minuto, giostrato tra chitarra acustica e flauto, suonato in maniera talmente leggera e gentile da mettere i brividi? Ma non abbiamo nemmeno il tempo di bearci di questa melodia che subito un blast - beat furioso ci assale, insieme ad una voce stavolta non più celestiale, bensì aspra e tagliente: la storia inizia a prendere forma, e la foresta si risveglia in tutta la sua cupa malvagità. Ma altrettanto improvvisamente arriva un refrain dalla bellezza disarmante, nel quale Garm supera se stesso con una prestazione vocale impressionante. Qui si nota particolarmente che la scelta di "raddoppiare" la voce è quanto di meglio si poteva pensare per quest'album: rende il suono pieno, corposo, coinvolgente. Dopo una ripetizione del medesimo schema, pochi secondi di chitarra acustica e una voce non più accompagnata da strumenti chiudono l'album, in un epilogo tanto breve quanto intenso. Uno degli aspetti più caratteristici degli Ulver è quello di saper emozionare anche con tre semplicissime note, ma messe in in un contesto talmente azzeccato da renderle magiche.

Capitolo III. Rabbia allo stato puro è quello che ci aspetta fin da subito in questa traccia: ormai gli spiriti malvagi sono pronti a ghermire la preda, che scappa terrorizzata (memorabile lo stacco, sotteso da uno schizofrenico pianoforte in sottofondo, nel quale si sentono solo dei passi veloci e disorientati che calpestano foglie secche). Un brano teso, tirato, veloce e parossistico, senza respiro: il misfatto sta per compiersi. Sicuramente è l'episodio più strettamente black metal di tutto il disco, il più duro e difficile da digerire, ma non per questo meno bello: è semplicemente l'altra faccia della suadente dolcezza incontrata finora.

Capitolo IV. La preda è stata catturata ed è condotta in una caverna, dove risuona una chitarra acustica marziale e severa, insieme ad una voce stavolta spostata su tonalità gravi, quasi da rituale pagano attorno ad un falò. Come non immaginarsi in mezzo ad una foresta buia e silenziosa, ascoltando questa perla? Pare quasi di percepirli attorno a sè, questi spiriti, mentre attirano con l'inganno la giovane fanciulla dentro un luogo dal quale non potrà mai più uscire. L'aggiunta di alcune distanti voci femminili non fa che rendere il tutto ancora più ricco di atmosfera e di pathos, amplificati dalla programmatica monotonia di questo intermezzo.

Capitolo V. Per chiudere l'album si torna ad una sfuriata black metal, che aumenta progressivamente di drammaticità fino al tragico epilogo, ovvero la richiesta negata di libertà e il compiuto sacrificio della giovane. Ritornano le atmosfere tese e cariche di urgenza già sentite nel capitolo III, pennellate non solo dalle chitarre elettriche e dalla batteria, ma anche dalle chitarre acustiche, che corrono veloci e spasmodiche. Il brano si conclude in un climax di tensione, ma con un sorprendente finale di chitarra acustica, che compare quando ormai tutti gli altri strumenti si sono tacitati. Dopo tanta paura, questo dolcissimo e triste epilogo ci informa ineluttabilmente della morte della ragazza, ma contemporaneamente della sua ritrovata pace. Lacrime di commozione potrebbero sgorgare abbondanti.

Difficile rimanere indifferenti a tale dimostrazione di superiorità: un disco come "Bergtatt" è irripetibile, e va considerato come una vera e propria opera d'arte, più che come un mero album di black metal. Non posso fare altro che imporre l'acquisto di questo gioiello, che più di qualsiasi altro album saprà trasportare l'ascoltatore in quei boschi freddi, umidi e pieni di vita nascosta, che io stesso personalmente ho percorso e rivivo ogni volta che riascolto queste note. Capolavoro assoluto, un disco che rimarrà immortale e sopravviverà a qualsiasi trend del momento; perchè la vera Arte, una volta data alla luce, non ha data di scadenza.

01 - Capitel I - I Troldskog Faren Vild  (7:51)
02 - Capitel II - Soelen Gaaer Bag Aase Need (6:34)
03 - Capitel III - Graablick Blev Hun Vaer (7:45)
04 - Capitel IV - Een Stemme Locker (4:01)
05 - Capitel V - Bergtatt - Ind I Fjeldkamrene (8:06)