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giovedì 9 dicembre 2010

Agalloch - "Pale Folklore"

The End Records, 1999
Il delicato viaggio silvestre evocato da "Pale Folklore" dà inizio alla florida avventura musicale degli Agalloch, band che oggi tutti gli appassionati di metal conoscono e spesso venerano, ma che come tutte le altre band è partita dal nulla e si è fatta strada solo grazie alla qualità della propria musica e alla passione immessa nel concepirla. Incorporando una vasta gamma di influenze diverse e un gusto melodico a dir poco sopraffino, il gruppo di Portland si fa notare fin da subito per la sua genuina spontaneità, per un songwriting fantasioso e ispirato, e nondimeno per la spettacolare capacità di evocare scenari naturali e immagini bucoliche usando solo le chitarre, senza dover ricorrere a tastiere o suoni sintetizzati, lasciando che solo un centellinato pianoforte dipinga gli ultimi ritocchi di una tela ormai quasi conclusa.

Paganesimo e amore per la natura: questi sono i pilastri su cui si reggono musica e testi degli Agalloch. Dal punto di vista strettamente stilistico, è difficile racchiudere l'album in una casella unica: il gruppo riunisce elementi presi dalla musica folk, dal doom e dal black metal, affiancandoli ad un consistente utilizzo delle chitarre acustiche, le quali spesso intervengono a mitigare i brani garantendo minuti di profonda riflessione. Le due tipologie di chitarre duettano spesso, intrecciandosi come un groviglio di radici secolari, mentre la voce passa da un particolarissimo screaming sussurrato ad un sognante cantato pulito dal sapore pagano e talvolta ritualistico. La sezione ritmica è tranquilla e composta, non costituisce niente di particolare se non un semplice accompagnamento: tutto il lavoro è svolto dal continuo susseguirsi delle linee melodiche, irresistibilmente semplici e piacevoli, che scorrono con una fluidità e una naturalezza sorprendenti. La musica è grezza e prodotta in modo approssimativo, ma nello stesso tempo è molto delicata e soffice, capace di sfumature pregevoli; le ritmiche non sono mai troppo veloci, le chitarre mai troppo graffianti, le composizioni mai francamente aggressive o peggio sconclusionate. "Pale Folklore" è un album pacifico e gentile, dagli sviluppi lineari e semplici nonostante il frequente uso del contrappunto melodico; è un album che sa essere ruvido come corteccia di abete, ma sa anche mostrare il fianco con episodi di estrema dolcezza, come la toccante strumentale "The Misshapen Streed", del tutto priva di distorsioni e dominata dai suoni delicati e argentini di una celesta e di un pianoforte. Il rumore del vento, spesso inserito nelle composizioni, dona quel tocco di atmosfera in più che sembra proprio trasportare in una lontana foresta vergine, come se l'ascoltatore camminasse nei boschi a fianco di orme di lupo e di placidi corsi d'acqua.

Semplicemente meravigliosa è la trilogia iniziale di "She Painted Fire Across The Skyline": dietro il titolo poetico si nascondono venti minuti di melodie suggestive, infiniti arpeggi di chitarra semplici ed efficaci, interventi occasionali di un'evocativa voce femminile, un magistrale Haughm che interpreta alla perfezione uno spirito elementale, ammaliandoci con il suo growl in sordina che tanto ricorda il brulicare sotterraneo degli gnomi e il loro incomprensibile e arcano linguaggio. Momenti riflessivi si alternano con ottime accelerazioni, che però non raggiungono mai il parossismo tipico del black metal, nè si perdono in furiosi sviluppi che hanno poco a che fare con gli Agalloch: il disco scorre con una costante piacevolezza, tra il vivace ritmo e i trascinanti assoli di "Hallways Of Enchanted Ebony", la gelida tristezza di "Dead Winter Days" e la lunga ode conclusiva di "The Melancholy Spirit", episodio a dir poco commovente, specialmente nel triste epilogo affidato all'espressività del pianoforte. Ogni brano è a suo modo ugualmente magico, e il denominatore comune è sempre una sottile malinconia di fondo, che unita ad una notevolissima varietà melodica dei brani rende l'ascolto un vero viaggio all'interno di stati d'animo raccolti e meditativi.

"Pale Folklore" è un mattino che risveglia lentamente una fredda vallata, mentre gli uccellini fanno volare i loro primi cinguettii e il nascente sole pian piano rischiara le rocce, colorandole dapprima di rosa e poi di un bel bianco ardente. E' il profumo della rugiada, è la calma di uno specchio d'acqua ancora incontaminato e puro, è il fruscio delle foglie mosse dalla prima tenue brezza della giornata. Da ascoltare da soli, in silenzio, con la sola compagnia del paesaggio circostante: vi perderete in un sentiero incantato, lastricato di fogliame odoroso e percorso da un venticello caldo e rivitalizzante. Un disco da custodire gelosamente, maneggiandolo con la cura che si dedica ad un fiore essiccato, e decorando la sua nicchia con aghi di pino e resina profumata.

01 - She Painted Fire Across The Skyline I (8:35)
02 - She Painted Fire Across The Skyline II (3:09)
03 - She Painted Fire Across The Skyline III (7:09)
04 - The Misshapen Steed (4:54)
05 - Hallways Of Enchanted Ebony (10:00)
06 - Dead Winter Days (7:51)
07 - As Embers Dress The Sky (8:04)
08 - The Melancholy Spirit (12:27)