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domenica 5 dicembre 2010

Immortal - "At The Heart Of Winter"

Osmose Productions, 1999
Nel cuore dell'Inverno. Non avrebbero potuto scegliere un titolo più appropriato i norvegesi Immortal, band che è sempre stata un fondamentale pilastro della scena black metal, e che con questo album confeziona quella che a mio parere è la loro migliore uscita discografica di sempre: la più intensa, la più atmosferica, la più oscura e intrigante nel suo riuscitissimo tentativo di ricreare la più fredda delle stagioni utilizzando solamente una manciata di strumenti musicali e una voce indemoniata.

Dopo la dipartita dello storico chitarrista Demonaz (che rimane solo come paroliere, non più come strumentista), gli Immortal si trovano ad un punto di svolta: questo album infatti introduce molte novità nel sound del gruppo, allontanandosi dal puro e crudo black metal nichilista degli esordi e approdando in territorio nuovo, fatto di composizioni più lunghe ed elaborate, che raccontano storie e leggende, più che basarsi sulla possente ferocia capace di frantumare un iceberg. Non mancano di certo la potenza sonora e l'incredibile capacità di trasmettere una sensazione fisica di freddo e gelo, ma se i seminali "Battles In The North" e "Pure Holocaust" erano all'insegna del black metal più veloce e cattivo, questo "At The Heart Of Winter" assume in confronto un carattere quasi riflessivo e meditativo, sicuramente molto più ricco di atmosfera e di drammaticità. Il disco contiene sei brani di lunghezza piuttosto omogenea (quasi tutti attorno agli otto minuti di durata), molto vari al loro interno e soprattutto dotati di buone dosi di melodia (!) che secondo la visione tradizionalista del black metal è un qualcosa di impuro, che contamina il carattere primordiale del genere. Tale visione è ovviamente limitativa, poichè un conto è inserire melodie facili e totalmente slegate dal contesto, un conto è utilizzare la melodia come strumento per esprimere le stesse sensazioni che si esprimevano con le sonorità più classiche e oltranziste. Per quanto questo disco non sia un ascolto prettamente semplice ed immediato, è innegabile che è molto più "orecchiabile" rispetto ai precedenti: il riffing di Abbath, che qui si trova a dover sostituire Demonaz, ricorda a tratti perfino lo stile New Wave Of British Heavy Metal, tanto che qualcuno ha paragonato questo album ad un disco degli Iron Maiden cantato in screaming e suonato con chitarre un po' più distorte e sporche. Forse è un paragone esagerato, ma in fondo non è troppo lontano dalla verità: le ritmiche tendono all'heavy - thrash metal, abbandonando i furiosi e continui blast - beat; le successioni di riff ricordano moltissimo le funamboliche evoluzioni dei primi Maiden (ascoltate per esempio "Solarfall", e ditemi se non vi fa tornare alla mente l'immortale classico "Where Eagles Dare"). Rimane solo l'inconfondibile scream di Abbath a ricordarci che a suonare sono sempre loro, i vecchi Immortal.

 Perfino la produzione, che nel genere "deve" essere sporca e confusa, qui risulta abbastanza pulita e ben curata (Tagtgren alla console fa sempre miracoli). Ma soprattutto, il punto di forza del disco è quello che ha reso famosi gli Immortal: la capacità di ricreare scenari di tempeste di neve, muraglie di ghiaccio, iceberg, fiumi gelati, semplicemente usando chitarra e voce. Niente tastiere se non in rarissimi momenti, niente orchestrazioni sovrabbondanti: solo puri riff di una chitarra gelida e tagliente, uniti ad una voce arcigna e malevola, che trasportano in un'atmosfera incredibile. Difficile spiegarlo a parole, bisogna ascoltare. Non ha senso elencare i brani uno per uno descrivendoli, poichè l'album è molto omogeneo e i brani sono tutti di alto livello, senza cadute di tono nè pezzi che spiccano maggiormente sul contesto generale. Tuttavia, un brano lievemente differente e più rappresentativo è la title track "At The Heart Of Winter": impossibile non sentirsi in mezzo ad una bufera antartica ascoltando la sinistra introduzione arpeggiata, aiutata per qualche minuto dalle uniche tastiere che troviamo in tutto il disco. E quando partono i primi riff, è meglio procurarsi qualche vestito caldo, o si rischia di sentire freddo per davvero. Un ultimo plauso va alla copertina, davvero spettacolare, e ai titoli dei brani, molto evocativi e perfettamente calzanti con lo spirito del disco. "At The Heart Of Winter" è in definitiva un capolavoro del genere, che consiglio vivamente a chiunque ami il freddo, poichè quest'album ve lo farà sentire sulla pelle dall'inizio alla fine. Lasciatevi dunque imprigionare in questa grotta di ghiaccio, ci troverete dentro molte sorprese...

01 - Withstand The Fall Of Time (8:31)
02 - Solarfall (6:04)
03 - Tragedies Blown At Horizon (8:57)
04 - Where Dark And Light Don't Differ (6:47)
05 - At The Heart Of Winter (8:02)
06 - Years Of Silent Sorrow (7:55)