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lunedì 13 dicembre 2010

Forest Stream - "Tears Of Mortal Solitude"

Elitist Records, 2003
I Forest Stream sono uno di quei gruppi poco produttivi, che fanno uscire un disco ogni morte di papa e sembra sempre che stiano per disperdersi nel nulla. Di solito, ma non sempre, questa categoria di band riesce a produrre dischi di tale bellezza da rendere quasi automatici i lunghi periodi di silenzio tra un album e l'altro: per partorire dischi di tale caratura ci vuole sempre molto tempo, molto lavoro, moltissime energie e attenzione ai dettagli, ma alla fine il risultato ripaga ampiamente l'attesa.

Sicuramente questo è il loro caso. Questa poco conosciuta band russa, stanziata nella regione di Mosca, si è formata nel lontano 1995, e ad oggi ha partorito solo due album completi (!), ma di livello così alto che gli si può perdonare tutto. Loro sono uno di quei gruppi originali, ispirati, che riescono a fondere con abilità molti generi diversi senza mai pendere troppo da una parte nè dall'altra: uno di quei gruppi che quando li si ascolta si dice "ma non riesco a definirli". Già questo è sintomo di bravura, perchè è facile incanalarsi in un canone e rimanerci per sempre, prigionieri di quattro idee: più difficile è dare alla musica una direzione personale. Se proprio vogliamo classificare "Tears Of Mortal Solitude" racchiude in sè i generi doom, progressive, gothic, death e perfino un pò di folk. Doom per quanto riguarda la pesantezza depressiva e il suono delle chitarre e del growl, Progressive per quanto riguarda le strutture dei brani mai banali, Gothic per le atmosfere decadenti, Death per via della non poca aggressività che trasuda da questi solchi, Folk per il sapiente utilizzo di strumenti non legati alla tradizione metal, come i fiati. La musica è contemporaneamente potente e melodica, sempre in bilico tra rabbia e romanticismo. Tastiere e altri strumenti, onnipresenti in ogni brano, riescono a non essere mai invadenti e a non sovvertire il ruolo delle chitarre, che ci regalano grandi quantità di riff ora irruenti, ora morbidi e delicati. Non è facile utilizzare così bene le orchestrazioni in un album metal senza scadere nel pacchiano (non faccio nomi, ma chi ha orecchie per intendere, intenda!). Nonostante la lunghezza ragguardevole (70 minuti di musica) l'album non annoia mai, riservando sempre colpi di scena spettacolari che non permettono mai all'attenzione di scemare, altra cosa certamente non semplice da ottenere. Ogni brano ha la sua storia, un qualcosa da raccontare: dai tristi arpeggi introduttivi di "Autumn Elegy", accompagnati dal rumore della pioggia, si passa alla veloce cavalcata di "Legend", alle splendide melodie di chitarra in "Last Season Purity" e "Snowfall", al meraviglioso ed epico finale di "Mel Kor" e al pacato ritmo di "Whole" (che  con l'uso del cantato pulito mi ha ricordato moltissimo i Depeche Mode, giusto per citare un'altra influenza che rende ancora più eterogeneo il disco). E come non rimanere a bocca aperta ascoltando l'introduzione di "Black Swans", affidata agli archi e ai flauti, e nondimeno l'accelerazione centrale, dove una chitarra pare quasi giocare spensierata con i suoi assoli? Perchè quest'album non è solo depressione e grigiore come ci si aspetterebbe da un disco di radice doom metal, ma è una commistione di tantissimi sentimenti diversi, ognuno espresso con incredibile maturità. Ci accorgiamo di quest'intensità ascoltando la penultima traccia "Winter's Solstice", introdotta da un delicato pianoforte che come di consueto per la band viaggia sui suoni sopracuti, e che piano piano si anima lasciando spazio ad un riffing sprezzante, acido. Esso infine muore in un epilogo orchestrale che trova compimento nell'ultima, soffertissima strumentale "Steps Of Mankind", amara conclusione di un disco poliedrico e ricchissimo, da ascoltare mille volte prima di riuscire ad assimilarne ogni parte.

"Tears Of Mortal Solitude" è una gemma dimenticata nel panorama underground, che merita assolutamente di essere riscoperta. Una sola avvertenza: non è un album facile nè felice, dunque siate preparati ad affogare in un vortice di emozioni non necessariamente positive. Ma ne vale la pena.

01 - Autumn Elegy (3:52)
02 - Legend (8:07)
03 - Last Season Purity (12:15)
04 - Snowfall (9:55)
05 - Mel Kor (8:50)
06 - Whole (5:15)
07 - Black Swans (10:33)
08 - Winter Solstice (8:27)
09 - Steps Of Mankind (1:34)