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domenica 19 dicembre 2010

Mourning Beloveth - "A Disease For The Ages"

Prophecy Productions, 2008
Quarta fatica discografica per gli irlandesi Mourning Beloveth, da sempre fautori di un doom - death metal che non conosce mezzi termini, privo di fronzoli ed espresso unicamente con i tre classici strumenti, chitarra basso e batteria, più una voce sufficientemente cavernosa e abrasiva. Quello che mi è sempre piaciuto dei Mourning Beloveth è la naturalezza con cui uniscono la potenza metallica con la melodia. A differenza di altre band, che si sbilanciano un po' troppo ora in una direzione ora nell'altra, essi riescono sempre a mantenere un buon equilibrio, creando pezzi coinvolgenti ma privi di quell'eccessiva ruvidezza che può renderli fin troppo ostici, e allo stesso tempo privi di quella faciloneria melodica che li rende imbarazzanti. Ce ne siamo accorti con la pubblicazione di "The Sullen Sulcus", ad oggi probabilmente il loro migliore lavoro, costantemente giostrato tra melodie accattivanti e una potenza devastante. C'è da dire che i nostri non si sono mai discostati particolarmente dai canoni più classici del doom - death e dal loro stesso modo di suonare, risultando alla lunga un po' ripetitivi, ma nonostante ciò la qualità di ogni loro lavoro è indiscutibile.

"A Disease For The Ages" è dunque un altro album non certo originale e innovativo, ma sicuramente potente, rabbioso e trascinante, dominato dal lavoro delle due chitarre che macinano accordi e riff senza lasciare mai un attimo di pausa alle orecchie di chi ascolta. Le strutture musicali sono forse un pò ostiche, anche perchè i brani sono tutti attorno ai dieci minuti di lunghezza e non sempre tale durata è giustificata da un songwriting appropriato: volendo, i Mourning Beloveth avrebbero potuto comprimere un pò di più questo album, poichè cinquantacinque minuti di sole schitarrate distorte possono risultare pesanti e noiosi. Tuttavia, i buoni momenti non mancano di sicuro: l'opener "The Sickness" è un brano roccioso quel tanto che basta per creare una sensazione di rabbiosa paranoia, ma al contempo pregevolmente ricco di soluzioni melodiche molto catchy e di facile assimilazione, che però riescono sempre a non scadere nel banale, in quanto sufficientemente elaborate. Ogni tanto fanno capolino anche sezioni cantate con voce pulita, che sono piacevoli ma un po' poco convincenti: molto meglio il growl, sicuramente tra i migliori in ambito death - doom. "Trace Decay" è un brano più sincopato, lento e ancora più granitico del precedente, mentre è con "Primeval Rush" che a mio giudizio il disco tocca il suo punto migliore: introdotta da un arpeggio solitario e pulito, cosa rara nella musica del gruppo, presenta maggiori variazioni ritmiche e melodiche, maggiore intensità, un ritmo schiacciasassi che sfocia in uno sviluppo finale da ascoltare al massimo volume, pestando la testa contro il muro. Un pò meno interessanti, ma comunque piacevoli, le ultime due tracce "The Burning Man" (a volte un pò troppo persa in riffoni che non vanno da nessuna parte) e "Poison Beyond All", decisamente riempitiva poiché tutto quello che può offrire l'abbiamo già ascoltato precedentemente. Ecco, questo è il principale difetto di "A Disease For The Ages": una certa ripetitività di fondo, che rende l'ascolto intero una vera prova di forza. Non manca la tecnica, nè il coinvolgimento, nè il buon gusto, tuttavia mancano un po' di idee capaci di tenere viva l'attenzione a lungo. Tuttavia, per chi ricerca la pura potenza abbinata ad un buon gusto melodico, questo album non mancherà di riservare buone soddifazioni.

01 - The Sickness (13:08)
02 - Trace Decay (8:46)
03 - Primeval Rush (12:44)
04 - The Burning Man (10:47)
05 - Poison Beyond All (10:31)