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martedì 7 dicembre 2010

In The Woods... - "Heart Of The Ages"

Misanthropy Records, 1995
All'inizio c'erano i Green Carnation, band norvegese dedita ad un interessante progressive metal. Da una divisione interna del gruppo nacque il progetto In The Woods..., gruppo che rimase sempre nell'underground, si sciolse dopo la pubblicazione di tre album e poi proseguì in parte la propria carriera, poiché alcuni membri rientrarono negli stessi Green Carnation. La parentesi che questa band norvegese ha saputo creare è tuttavia indiscutibilmente eccezionale, nonostante l'effimero successo commerciale e la generale incomprensione da parte del pubblico, incomprensione che definirei quasi criminale, vista la notorietà che certi cialtroni hanno guadagnato lasciando in ombra gruppi infinitamente più validi.

Gli In The Woods... poggiano su una base black metal, ma talmente raffinata e contaminata da influenze diverse (in particolare il rock progressivo e la psichedelia di stampo Pink Floyd, ma non solo) da rendere quest'appartenenza una mera esigenza di classificazione. "Heart Of The Ages" è il primo album di questa dimenticata band, che mostra un gruppo talentuoso e ispirato, non fermo solamente ad alcuni stilemi ma aperto ad ogni genere di sperimentazione e commistione di suoni e generi musicali. La copertina illustra molto bene il carattere musicale del disco: magnificenza e bellezza dei paesaggi e della natura, epicità e poesia, ma nello stesso tempo grezzume e ferocia, in una perfetta rappresentazione di Madre Natura, capace delle espressioni più sublimi come delle crudeltà più atroci. La musica del gruppo non può non ricordare i maestosi paesaggi norvegesi, tra fiordi, montagne e aurore boreali. Il lunghissimo brano posto in apertura dell'album è alquanto emblematico: dopo tre minuti di un'introduzione ripetitiva, delicatissima e sognante (psichedelia pura), si apre un brano di una bellezza sconvolgente, solennemente drammatico, dominato da una voce profonda e malinconica che incanta immediatamente. Un inizio del genere presagisce di sicuro ad un capolavoro, ma i nostri non si accontentano di ammaliarci, vogliono anche stordirci: dopo diversi minuti il brano cambia completamente direzione, si incattivisce diventando veloce e tagliente, e il cantato celestiale diventa quasi un grido di terrore: uno screaming acutissimo e tremendamente stridente, tra i più esasperati che si ricordino nel panorama black metal. Qualcuno potrebbe rimanere scandalizzato da questo repentino cambio di forma, così come sono rimasto basito io, la prima volta che l'ho sentita: ma dopo ripetuti ascolti (nel mio caso ci sono voluti alcuni anni) queste disumane urla acquistano un notevole fascino, e riescono infine ad infrangere il muro di diffidenza che facilmente formano. Il brano si chiude con una ripresa del tema portante iniziale, e il disco continua su binari via via sempre diversi, abbracciando anche sonorità gothic - doom, e non dimenticandosi mai di mantenere il suono monolitico e lievemente zanzaroso delle chitarre, che tanto ha dato al black metal. Si va da brani più facilmente assimilabili come "Heart Of The Ages", pregevole nelle sue cadenzate ritmiche di chitarra e nelle sue ottime melodie, ad episodi particolarmente aggressivi come l'aspra "In The Woods" e soprattutto l'interminabile "Wotan's Return", quindici minuti di gelo nordico che solo raramente lascia un pò di respiro con qualche break di tranquillità, scandito dal suono di uno scacciapensieri e dai rumori di una foresta densa di creature mitiche. Emozionanti anche le orchestrazioni, appena accennate ma meravigliose, che regalano momenti di estasi sia da sole, sia affiancate al pesante incedere della chitarra ritmica.

Nell'album c'è spazio anche per un paio di sorprendenti pezzi strumentali, "Mourning The Death Of Aase" e "Pigeon", entrambi espressione di uno stato sognante, grazie all'uso di  vocalizzi femminili (impossibile non fare paragoni con la sempreverde "The Great Gig In The Sky" dei Pink Floyd) nonché di melodie e armonie sospese ed evanescenti, quasi impalpabili. Ma a mio parere è con la conclusiva "The Divinity Of Wisdom" che il disco raggiunge il suo apice, ponendo tutti gli elementi che lo costituiscono in un'unica summa compositiva: nove minuti di grezza epicità, tra la possenza delle chitarre e le magnifiche orchestrazioni di fondo, la voce pulita maschile e femminile che si alterna con lo screaming tagliente e gelido, fantastiche accelerazioni seguite da brusche frenate, e come conclusione un assolo di chitarra indimenticabile, che gronda sangue e dolore.

Sicuramente "Heart Of The Ages" è un album di black metal, ma si tratta di un black metal trascendente, che non rinnega le proprie radici ma si rende talmente poliedrico da meritarsi l'appellativo di geniale. Il disco non è certamente facile da assimilare: è probabile che ad un primo ascolto possa lasciare perplessi e poco motivati ad approfondirlo, e questo può proseguire anche per gli ascolti successivi, finché finalmente la musica non riuscirà ad abbattere la barriera e arriverà dritta al cuore, e allora non ci sarà più niente da fare. Chi arriverà a quel punto è destinato ad innamorarsi perdutamente degli In The Woods... e della loro originalità, genuinità e passione, che purtroppo non ha avuto molto riscontro di pubblico (ma forse è meglio così, sono rimasti un gruppo d'elite). Un album grezzo eppur raffinato, emozionante eppure difficoltoso e aspro: questo è "Heart Of The Ages", prendere o lasciare.

01 - Yearning The Seed Of A New Dimension (12:27)
02 - Heart Of The Ages (8:26)
03 - In The Woods (7:54)
04 - Mourning The Death Of Aase (3:37)
05 - Wotan's Return (14:58)
06 - Pigeon (3:02)
07 - The Divinity Of Wisdom (9:07)