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sabato 25 dicembre 2010

Green Carnation - "Light Of Day, Day Of Darkness"

The End Records, 2001
Un'ora esatta di musica, racchiusa in un'unica traccia senza alcuna interruzione, è quello che questo interessantissimo e originale album offre a chi non si spaventa per la sua lunghezza. Una lunghezza che tuttavia è solo apparente: cosa rappresenta un'ora nell'economia di una vita intera? Questo discorso vale ancora di più quando si tratta di dischi come questo, che fanno scorrere il tempo con una velocità doppia rispetto al normale. Succede sempre così, quando si scopre qualcosa di bello: non si fa in tempo ad assaporarlo, che è già finito. Fortunatamente, nel caso di un album, basta schiacciare di nuovo play e ricominciare da capo.

"Light Of Day, Day Of Darkness" è un emozionante viaggio all'interno di una condizione dolorosa, quella della perdita di un figlio. Il tema non è casuale: la tragedia ha colpito direttamente il mastermind del gruppo, che risponde al nome di Tchort. Conosciamo già questo artista per le sue numerose collaborazioni e per essere stato parte anche degli In The Woods..., dalle ceneri dei quali nacquero poi i Green Carnation: un artista sorprendente per il suo eclettismo e per la sua capacità compositiva, che in questo album raggiunge probabilmente il massimo. Non è possibile non notare come questo disco sia impregnato di vita, e ciò si nota sia dalla musica (inquieta, passionale e riccamente elaborata) sia dal testo (particolarmente introspettivo e tormentoso, una vera poesia). Come spesso succede, i momenti difficili danno ispirazione per tirare fuori il meglio di sé, e sicuramente la morte del bimbo mai nato ha influenzato profondamente le scelte stilistiche alla base di questo album. Non è da trascurare nemmeno il fatto che l'album sia stato ispirato anche dalla nascita di un altro figlio, che ha contrapposto il dolore alla gioia: due sentimenti che nella musica coesistono e si compenetrano costantemente, senza che mai nessuno dei due possa dirsi slegato dall'altro. Se il precedente e splendido "Journey To The End Of The Night" era un capolavoro di atmosfere ombrose e decadenti, nel quale traspariva unicamente l'atroce dolore per il figlio perduto, questo nuovo "Light Of Day..." unisce a quella pesante negatività una certa speranza e positività, seppur appena accennate; sta per avere inizio una nuova ed emozionante vita umana. Dovremo aspettare il successivo "Blessing In Disguise", perfetta conclusione della trilogia, per uscire dal tunnel buio e tornare definitivamente alla luce.

Alla luce di tutto ciò, non si può certo definire "Light Of Day..." come un album facile o immediato. Ricco di sfumature, di emozioni contrastanti, caratterizzato da partiture strumentali in continua evoluzione, si tratta di un album che va ascoltato poco alla volta e va capito, prima di poterlo giudicare. Dal punto di vista strettamente musicale, esso fonde ottimamente le intricate evoluzioni del progressive metal, la pesantezza emotiva tipica del doom, una discreta componente atmosferica e perfino una certa attitudine thrash, facile da notare nelle parti più dure e veloci, nelle quali le chitarre non temono di mostrarsi aggressive e irruente. Cavalcate metalliche poderose e ritmi martellanti che quando serve fanno piazza pulita, distorsioni spinte al punto giusto senza mai perdere il senso della melodia, ricchezza e varietà nei timbri e nell'interpretazione vocale, sprazzi di melodie elegiache e momenti di pura emozione, riff mai scontati e raramente ripetitivi, ottimo uso delle tastiere e del sempreverde organo Hammond: è disarmante la naturalezza con la quale scorre la musica, senza mai annoiare nemmeno per un minuto, come se concepirla fosse stata la cosa più semplice di questo mondo: quasi un gioco. Un aspetto molto interessante è l'uso quasi esclusivo della voce pulita, che dona un tocco di epicità al tutto, tale da ricordare quasi i Bathory del periodo intermedio (il paragone è piuttosto lontano, ma non campato per aria). Rarissimo ed occasionale è invece lo screaming, che si riduce solo a qualche isolato grido di dolore in sottofondo. Al suo posto troviamo una voce femminile, che si fa sentire qua e là con alcuni azzeccati interventi, per poi perdersi in gorgheggi un po' sgraziati durante un lungo e inquietante interludio centrale, sostenuto in sottofondo da un sassofono tremolante e spaesato: forse l'unico momento debole dell'album, ma è anche detto che bisogna contestualizzarlo, per capirlo: dietro quelle grida straziate c'è probabilmente l'orrore di una madre che perde un figlio, e infatti quando la musica riparte ci troviamo ad ascoltare un assolo stupendamente malinconico ma al contempo carico di speranza e di forza per rinascere.

Certamente non è facile affrontare l'ascolto, poiché implica concentrazione e volontà di portarlo a termine: ma per coloro che amano ascoltare gli album interi e non le singole canzoni, ciò non rappresenterà di certo un problema. Il segreto è lasciarsi coinvolgere da questo meraviglioso connubio sonoro, senza pensare a quanto manca alla fine, perché sono certo che una volta finito vi dispiacerà che la band non abbia scritto almeno una decina di minuti di musica in più. In definitiva, uno dei dischi più coinvolgenti e "vissuti" della mia discografia: vivamente consigliato, e non solo ai metallari.

01 - Light Of Day, Day Of Darkness (1:00:05)