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lunedì 8 novembre 2010

Agalloch - "The White"

Vendlus Records, 2008
Gli Agalloch sono un gruppo che non sbaglia mai un colpo, arrivando diritti al centro del bersaglio. O al massimo lo colpiscono con un'angolazione diversa, ma non lo mancano mai. Come posso affermare questo senza dimostrare ciò che dico, penserete voi? A questo proposito, è opportuno ricordare un po' di storia di questa band, e ogni tassello del puzzle andrà magicamente al suo posto.

Prima della pubblicazione di questo ultimo "The White", il quartetto proveniente dall'Oregon ha prodotto tre album in studio ormai entrati negli annali del metal, album che hanno creato quasi un genere a sè stante, uno stile personale e inimitabile (ma spesso imitato). Lo stile degli Agalloch ha pochi paragoni con altre band, sebbene essi traggano molta ispirazione da gruppi come Ulver, Katatonia e anche un po' dai Godspeed You! Black Emperor, gruppi che la band ha sempre affermato di avere molto a cuore. Ma per quanto elaborato, sovente acustico e riccamente contaminato fosse il loro stile, si trattava pur sempre di musica metal. Ecco che però con quest'ennesimo extended play in edizione limitata (duemila copie, mai più ristampate successivamente, se non con il caritatevole doppio album "Whitedivisiongrey") gli Agalloch cambiano decisamente coordinate, confezionando un dischetto interamente acustico e quasi interamente strumentale. Una bella novità, ma si sentiva che qualcosa era nell'aria. Le libere sperimentazioni di "Tomorrow Will Never Come" e "The Grey", dischi che come accennavo prima hanno colpito il bersaglio da angolazioni molto oblique e per certi versi difficili da comprendere, non potevano che portare a qualcosa di inaspettatamente diverso. La cosa più interessante è che "The White" è molto più corposo e ricco di contenuti rispetto ai due precedenti mini album, raggiungendo la ragguardevole durata di 34 minuti, al limite tra un lungo extended play e un breve full - length. Il filone sperimentale, così pare, sta diventando sempre più interessante e articolato.

Un disco acustico per dare sfogo al lato più poetico e intimista della band? Sì, ma non solo. Qui non si tratta solo di cascate di note di chitarra classica: gli strumenti usati sono molteplici, si va dal pianoforte ai sintetizzatori, fino all'armonica a bocca e perfino a qualche saltuaria pennata di chitarra distorta, giunta come l'eccezione che conferma la regola. La prima traccia, "The Isle Of Summer", è introdotta dal vociare di bambini, che lascia spazio poi ad alcune note di chitarra acustica, delicate e malinconiche, accompagnate successivamente da un insistente riff di chitarra elettrica. Mano a mano che il pezzo cresce aumenta l'intreccio tra gli strumenti, così come cresce la timbrica degli strumenti usati, tuttavia non si fa tempo a pensare a molto che già il brano è finito e siamo arrivati a "Birch Black". Un brano che è quasi una litania, nonostante la sua velocità. Alcuni rari colpi di rullante accompagnano un intreccio chitarristico che aumenta sempre più di intensità fino a diventare un trillo continuo, con la batteria che martella con crescente decisione. E ancora non si è sentita la voce di Haughm pronunciare una sola parola.

Con "Hollow Stone" siamo di fronte a un pezzo decisamente sperimentale: un incantevole tappeto di cori e tastiere, assolutamente psichedelico nella sua ripetitività, un brano adatto ad essere ascoltato nel dormiveglia, quando la mente viaggia per conto suo senza più curarsi di quello che accade realmente. L'atmosfera ricorda molto il mare, le onde, il fluttuare nel cosmo senza una direzione precisa, lasciandosi trasportare dalle vibrazioni dell'aria. Decisamente un capitolo riuscito. La successiva "Pantheist" è a mio avviso la traccia meglio riuscita dell'album: introdotta dal suono di una sirena e dallo scorrere di un torrente, il brano è un crescendo chitarristico che duetta mirabilmente tra acustico e distorto, e nel quale si sente fortissimamente il senso di comunione con la natura, da sempre l'elemento cardine della musica degli Agalloch. La batteria è stanca, pesante, le chitarre appaiono malinconiche come non mai, e finalmente fa capolino anche la voce pulita di Haughm, che regala una prova toccante con eterei ma possenti vocalizzi che sembrano provenire direttamente dalle sfere celesti. Di tutt'altra natura è la seguente "Birch White", un brano folk allegro e spigliato, dove le numerose chitarre classiche sono accompagnate da una solare melodia di armonica. Questa è anche l'unica traccia cantata dell'album, anche se in realtà Haughm si limita a recitare un poema di A.S.J. Tessimond, che racconta delle vicende di una betulla narcisista. "Sowilo Rune" riporta su lidi rilassanti, ripetendo sempre gli stessi accordi di chitarra per minuti e minuti mentre un dolce pianoforte compone a mano a mano melodie sempre più elaborate, con alcune parole sussurrate in sottofondo che riescono a creare un'atmosfera mistica e primordiale. Nell'ultima sezione, introdotta da un singolo ed emozionante rintocco di campana, fanno capolino anche i sintetizzatori, che piano piano sfumano lasciando posto ad una citazione del film "The Wicker Man", che troviamo anche nella settima ed ultima traccia. "Summerisle Reprise" è un brano per solo pianoforte, lento, malinconico e sofferto. Le note sono a tratti così dilatate e rarefatte da dare proprio il senso della stanchezza, che non sia il caso di continuare, che costi troppa fatica vivere. Eppure, una volta che il disco è finito, è difficile provare questo sentimento nella realtà. Un dischetto come questo è infatti uno di quelli capaci di depurare lo spirito e far passare qualsiasi sensazione negativa e opprimente.

Gli Agalloch hanno dimostrato ancora una volta di essere una band unica, che riesce ad aprirsi e a sperimentare sempre nuove soluzioni, e che non ha paura di cambiare, elevando la musica a reale espressione artistica e non al mero esercizio compositivo. Evidente è il richiamo alla psichedelia settantiana, rielaborata però in maniera del tutto personale e intrigante. Risultato eccellente, non c'è che dire: avete ancora dei dubbi sulla capacità degli Agalloch di mirare sempre al centro e di colpire con precisione chirurgica?

01 -  The Isle of Summer (03:58)  
02 -  Birch Black (02:40)   
03 -  Hollow Stone (04:15)   
04 -  Pantheist (07:17)   
05 -  Birch White (03:44)   
06 -  Sowilo Rune (05:40)   
07 -  Summerisle Reprise (04:55)