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venerdì 12 novembre 2010

Ikuinen Kaamos - "The Forlorn"

Descent Productions, 2006
Capita a volte di trovare dei musicisti che non si limitano solo a suonare i propri strumenti, ma che riescono a infondergli totalmente le proprie emozioni e i propri sentimenti, trasformando gli strumenti stessi in esseri viventi. Questi musicisti poi pubblicano dischi che possiedono una propria anima intrinseca, che può piacere alla follia oppure urtare, ma che rappresenta una reale impronta di quello che è lo stato d'animo di chi suona, come se il musicista avesse trasferito la sua anima nei solchi del CD. Quando mi sono imbattuto in questo album, ho capito immediatamente che avevo a che fare con uno di quei rarissimi esempi di infusione totale di sentimento all'opera.

Normalmente i dischi d'esordio sono piuttosto grezzi, migliorabili, peccano di inesperienza, ma esistono le eccezioni: questo primo lavoro degli Ikuinen Kaamos (il cui nome significa "notte polare eterna") sembra partorito da musicisti già navigati ed esperti, abituati a studiare a lungo sui loro strumenti e a tirarne fuori il meglio, non solo in senso tecnico. Il gruppo ha iniziato la propria carriera suonando un black metal piuttosto canonico, ma che già spiccava per una notevole intensità emotiva: successivamente si è evoluto, inserendo nel proprio filone sonoro molti elementi diversi, mischiando un pò di death, un pò di progressive e una buona propensione verso le parti acustiche. Abbastanza importante è l'influenza degli Opeth, che fanno capolino più  volte nelle cinque lunghissime tracce che compongono questo album.

In "The Forlorn" troviamo, stupendamente amalgamati, tanti elementi pregevoli: ritmiche potenti ed in costante evoluzione, chitarre graffianti ma contemporaneamente ricche di sfumature melodiche, enorme ricchezza di riff e continua crescita dei brani, fantastici contrappunti, alternanza tra parti elettriche e parti acustiche, tecnica e ricercatezza strumentale sopraffina. Non si tratta però di un gruppo clone degli Opeth: sono numerose le differenze rispetto ai loro colleghi svedesi. Per cominciare, gli Ikuinen Kaamos optano per una voce molto più tendente allo stile black metal (quindi urlata e molto spinta), ad una più netta predilezione per le parti elettriche, all'assenza di voce pulita (che comparirà solo nei successivi lavori del gruppo). "The Forlorn" è un disco che non lascia spazio che ad un unico sentimento: la tristezza più nera. La comunica egregiamente sia nei delicati arpeggi di chitarra acustica sia nelle sfuriate più veloci e dominate dai blast beat della batteria. Non c'è spazio per un filo di positività, e la storia che sta dietro a questo album si sposa alla perfezione col carattere musicale del disco. Il cantante racconta, con grande espressività e prestazione vocale, la storia di un uomo che da ubriaco ha perso la testa e ha ucciso moglie e figlia, sparando loro con un fucile da caccia. Dopo il misfatto, la sua vita è stata tormentata dal rimorso e dalla solitudine. Ora quell'uomo è diventato vecchio, è arrivato al capolinea della sua vita, e deve fare i conti con il suo passato prima di diventare cibo per vermi. Ciò lo porterà definitivamente alla pazzia, ed egli sceglierà il suicidio per terminare la sua esistenza. Non certo una storia allegra.

La lunga "Frailty" inizia con i suggestivi rumori del vento, per poi ammaliarci con una chitarra acustica dolce e sofferta che lascia presto il posto a un assalto strumentale furioso, il quale poi si calma nuovamente facendo tornare in primo piano la chitarra acustica. L'uso del tremolo picking è frequente, come a simboleggiare una corsa inevitabile verso la fine, l'inarrestabile incedere del tempo che consuma tutto. A mano a mano che il brano prosegue, le chitarre si intrecciano in alcuni fraseggi melodici superbi, finchè finalmente dopo oltre sei minuti la voce del singer ci introduce in questa drammatica storia. Tutto in tonalità minore, il suono è crudo eppure mesto, sembra non riuscire mai a liberarsi da un velo di tristezza persistente. Ce ne si accorge meglio nella successiva "Grace", pezzo forte dell'album: una valanga di accordi di chitarra stoppati e sincopati, un altro break acustico molto intenso (meraviglioso il tappeto d'archi appena accennato in sottofondo, come nell'inizio di "Frailty"), poi un crescendo strumentale  intricatissimo, come un quadro impressionista pennellato da chitarre. Il brano esplode in un tremendo blast - beat finale (sempre con la chitarra in tremolo), nel quale il batterista picchia insistentemente sul charleston come se volesse in qualche modo scacciare i fantasmi del passato. Un suono arido e meccanico come quello di un piatto da batteria può diventare espressivo, in mani esperte. Il brano sfuma lasciando una sensazione di sconforto e ci introduce a "Delusion": qui il protagonista riporta alla mente ciò che ha fatto quella sera con il fucile. La musica diventa infatti più aggressiva, rabbiosa, gli strumenti fanno a gara l'uno contro l'altro, la voce diventa ruvida e aspra. Verso la metà del brano la tensione aumenta, fino ad arrivare a un altro parossismo di furia cieca, nel quale si descrive proprio il momento dello sparo. Poi, l'apparente quiete dopo la tempesta, creata dalle chitarre acustiche che duettano mirabilmente con quelle elettriche. L'immagine del rimorso, che si presenta nel primo momento di lucidità. Siamo arrivati ad "Ascent", pezzo dalle tinte quasi epiche. Il nostro uomo si fa coraggio e prende la strada verso l'ascesa, la purificazione. Il brano è un crescendo d'intensità, quasi un viaggio, spinto sempre più all'eccesso, finchè si arriva in cima alla montagna, dove avverrà la catarsi. Il capitolo conclusivo è "Fall", che è anche l'episodio più duro dell'album, il brano dove affiorano maggiormente le influenze black metal. "Fall" è l'epilogo di una vita, vissuta nella scelleratezza, che ora decide di porre fine a sè stessa e si getta nell'abisso, cadendo sempre più veloce fino a scomparire nel nero oblio. E quando l'ultimo blast - beat sfuma e lascia gradualmente il posto ad un arpeggio inquietante, capiamo che è proprio tutto finito, anche se forse non è finito come vorremmo. Ma non si può ritardare eternamente ciò che è inevitabile.

Suonato magnificamente, ben prodotto e dotato di una carica emotiva incomparabile, "The Forlorn" è probabilmente il miglior album metal uscito nel 2006. Consigliatissimo a chiunque non abbia paura di lasciarsi travolgere dalla tristezza, non posso fare altro che etichettarlo come capolavoro. E per chi li giudica troppo simili agli Opeth, consiglierei di non ragionare per preconcetti ma lasciarsi semplicemente invadere dalla musica, così da capire che l'arte non ha bisogno di etichette nè di comparazioni.

01 - Frailty (13:28)
02 - Grace (12:55)
03 - Delusion (9:32)
04 - Ascent (9:31)
05 - Fall (7:31)