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sabato 27 novembre 2010

Ea - "Ea II"

Solitude Productions, 2009
Ci sono album che riescono veramente a trasportare chi li ascolta in un mondo diverso, nel quale le vicende terrene non hanno più alcuna importanza. Qualsiasi genere di musica può produrre questo effetto, ma certamente non ci riescono tutti i musicisti, consapevoli del fatto che la musica è un'arte troppo superiore per essere compresa dall'uomo, e che a volte non si può fare nulla se l'ispirazione non arriva. Nel momento in cui mi è arrivato tra le mani questo album, tuttavia, ho capito velocemente che questo è uno di quei dischi. La cosa strana è che della band in questione non si sa praticamente nulla: gli Ea dovrebbero essere russi e stando a quello che riporta il sito ufficiale dovrebbero essere in quattro, ma non si sa nient'altro. Non si conoscono i nomi dei componenti, non si conosce una localizzazione geografica precisa, non si conoscono i testi degli album. C'è perfino la possibilità che dietro questa band si nasconda una sola persona, dato che non c'è alcun genere di informazione certa. Quello che possiamo sapere degli Ea dobbiamo dedurlo dall'album stesso: così come era stato per il debutto "Ea Taesse", pubblicato nel 2006 dalla label russa Solitude Productions, c'è solamente una frase a spiegare chi siano questi misteriosi Ea. La frase recita, in maniera indubbiamente enigmatica, che i testi dell'album sono stati scritti e cantati in un'antica lingua morta, ricostruita sulla base di ricerche archeologiche. Ma non si sa quale lingua, e i testi non sono reperibili da nessuna parte. Aggiungono, poi, che gli Ea sono "la voce degli antichi", che ci ha raggiunto attraverso i secoli. Fine: questo è tutto quello che troviamo nei booklet dei loro album, dunque anche in questo anonimo "Ea II", che non reca nemmeno il logo della band sulla copertina, ma solo un'inquietante immagine radiografica. Anche il booklet riporta altre immagini simili, senza una parola di commento.

Una band che si presenta in un modo così insolito è indubbiamente interessante da approfondire. Non rimane dunque che lasciar parlare la musica, che è l'unica cosa su cui i misteriosi Ea hanno voluto concentrarsi. Chi li ha conosciuti grazie al debutto "Ea Taesse" sa già di che pasta è fatto il gruppo: esso propone infatti un'originale misto di Funeral Doom Metal e di musica d'atmosfera, dalle tinte fortemente sacrali ed epiche, quasi mai propriamente tristi e melanconiche come siamo abituati a sentire nel genere. "Ea Taesse" era un vero e proprio macigno sonoro, un monolite dalla potenza sonora devastante che esplorava con lentezza lidi oscuri e sepolcrali, con interessantissime soluzioni tecniche e l'uso di una vastissima gamma di effetti sonori. Ora, dopo tre anni di attesa, i nostri sono tornati con questo "Ea II", composto di due sole tracce senza titolo, dalla durata di ben ventidue e venticinque minuti. Va detto che la separazione delle tracce è di scarsa importanza, ascoltandolo tutto di fila non si riesce a capire il momento dello stacco, quindi possiamo dire che è un unico brano di 47 minuti. Anch'esso si muove sulle stesse coordinate del suo predecessore, ma con una nuova vena sperimentale che lo rende ancora più particolare. Definire in poche parole cosa sia questa musica è un'impresa assai difficile: ci troviamo di fronte ad un album particolarissimo, che unisce la lentezza e la pesantezza sonora tipiche del Funeral Doom con una venatura atmosferica da far paura, inserendo parti di tastiera, sezioni orchestrali e corali, sapiente e azzeccatissimo uso dell'organo ecclesiale (che acquista molto più valore rispetto all'album di debutto), e superbi inserti di pianoforte dalla timbrica spaventosamente oscura ed evocativa. La base del disco è un metal poderoso, ma essenzialmente molto scarno: le chitarre si fanno sempre più "muro" sonoro e non producono quasi mai dei veri e propri riff, limitandosi a lunghi e poderosi accordi più che accompagnano i rimanenti suoni e la voce. Quest'ultima, a parte i cori sintetizzati con il choir pad, non è altro che un profondissimo growl utilizzato come uno strumento musicale, in quanto produce suoni praticamente inarticolati: non aspettatevi di capire una sola parola, ammesso che le parole di questa lingua morta risultino comprensibili. Inoltre, la voce svolge un ruolo davvero gregario, in quanto le parti cantate sono davvero poche e il disco è quindi in gran parte strumentale. Mischiamo questi elementi tutti assieme, ed ecco che ne esce un capolavoro: le due composizioni, che in realtà sono fuse assieme a formare un unico lunghissimo brano, sono in continua evoluzione e avulse da qualsiasi struttura precostituita. Si alternano parti estremamente dure con momenti di quiete quasi assoluta, con il pianoforte e l'organo che sbucano quando meno li si aspetta, con i cori che donano una profondità eccezionale al suono, con le chitarre che raramente ho sentito suonare con tale potenza. Le parti orchestrali sono semplicemente meravigliose: basta ascoltare l'introduzione del primo brano, nella quale pianoforte e tappeti di violoncelli si uniscono per creare un'atmosfera cosmica e grandiosa, che è un po' quella che si riscontra in tutto l'album. Un lungo viaggio nelle profondità dello spazio, tra splendide e coloratissime nebulose, luce di stelle gigantesche e immense bolle di vuoto buissimo. Minuto dopo minuto, l'album trascina in un caleidoscopio di suoni e atmosfere diverse, pur rimanendo sempre molto semplice a livello strettamente compositivo - armonico, anche se abbastanza variegato a livello ritmico (la batteria compie molte interessanti evoluzioni, anche se molto meno rispetto ad "Ea Taesse", dove era intricatissima). E non c'è un momento che annoi: se si riesce ad entrare in sintonia con questo tipo di musica, che è obiettivamente molto difficile da assimilare, ogni minuto farà scoprire qualcosa di nuovo, in una progressione continua di epicità che porta ad uno spettacolare e tremendo finale d'organo, uno dei momenti più emozionanti di tutta la mia discografia.

Questo è ben più di un semplice album: lo considero come un regalo arrivato dall'alto, che grazie agli Ea ha potuto esprimersi ed essere immortalato nei solchi di un CD. Forse è per questo che gli Ea non rivelano la loro reale identità: forse non sono umani, ma divini. In definitiva, un capolavoro assoluto.

01 - Untitled (22:05)
02 - Untitled (25:22)