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martedì 9 novembre 2010

Estatic Fear - "A Sombre Dance"

CCP Records, 1999
Può il metal incontrarsi con la musica classica, fondersi con essa senza stridere e diventare un qualcosa di unico? Dopo aver assimilato la seconda fatica discografica degli Estatic Fear, gruppo austriaco scioltosi dopo la pubblicazione del medesimo album e che quindi ha all'attivo una carriera molto breve, non posso fare altro che rispondere di sì. Questo sfortunato gruppo non ha mai ricevuto molti consensi, rimanendo più che altro sepolto nell'underground, ma questo sito esiste anche per far conoscere un pò queste perle dimenticate, no? E penso che questo "A Sombre Dance" si meriti lo spazio per una recensione approfondita che, chissà, potrebbe farlo diventare un classico. Ma andiamo con ordine.

Innanzitutto, di che cosa si tratta? Rispondere in maniera univoca non è semplice, in quanto il gruppo propone una raffinatissima miscela di doom metal e musica classica, massicciamente presente con l'uso di archi, organo, pianoforte, liuti e persino flauti (strumento ampiamente sottovalutato nell'heavy metal, ma a torto!). Il contrasto può apparire netto, ma i nostri sanno come amalgamare i due generi, sbilanciando lievemente il suono verso il classicismo, più che verso la parte prettamente "metal".  Così accadeva anche nel loro primo album "Somnium Obmutum", anch'esso di ottimo livello, ma ancora lievemente grezzo e bisognoso di qualche rifinitura. Le composizioni degli Estatic Fear non possono ovviamente reggere il confronto con la complessità della musica classica, ma il carattere intrinseco della loro musica ne è comunque ampiamente influenzato. Abbondano le parti acustiche, dolci melodie di liuto e chitarra classica, sprazzi di rabbia espressa dallo screaming maschile (in alcuni tratti forse un pò fuori luogo con la generale melodicità del contesto). Ma a mitigare la graffiante voce del singer ci pensa la voce femminile, delicata e armoniosa, molto articolata e capace di intessere trame melodiche davvero convincenti. L'incipit del disco ne è una buona dimostrazione: si parte con una breve introduzione strumentale in liuto per arrivare al primo dei nove capitoli (le canzoni non hanno titolo specifico), che incanta immediatamente con una melodia orecchiabile e piacevole, ma non per questo banale e scontata. I nostri sanno però pestare duro, quando serve: nella terza traccia sembra che le fughe di pianoforte debbano prevalere su tutto, ma ecco che spuntano le chitarre, sorprendentemente ingrossate, accompagnate da una voce rabbiosa e potente. Lo screaming acido talvolta passa anche in tonalità molto basse, con l'uso frequente di doppie voci, come accade proprio in questo brano. Splendida la suite "Chapter IV", nella quale l'intreccio strumentale si fa complesso e si possono notare anche alcune interessanti accelerazioni, nonché un finale nel quale la cantante raggiunge il massimo del sentimento, accompagnata da un organo e da un pianoforte quasi giocosi e sereni. In questo album c'è davvero di tutto. Un continuo intarsio di emozioni e passioni differenti, che non annoia mai per via della sua grande varietà melodica e strumentale. Si passa dalla cupezza alla serena armonia, fino alla malinconia più sottile, sempre con grande classe. Anche il capitolo conclusivo, numero IX, è un pezzo semplicemente magistrale. Sembrerebbe solo una dolce "outro" suonata dal pianoforte, se non fosse che dopo l'apparente pausa il brano riprende quota, conducendo per mano verso la fine con una riuscita cavalcata strumentale spesso interrotta da solitari riff di chitarra. Il finale duettato, che riprende il tema del capitolo IV, da solo vale l'intero album.

Che dire in conclusione? Non è facile descrivere traccia per traccia l'album senza risultare un filo noiosi. "A Sombre Dance" è un viaggio che va intrapreso dall'inizio alla fine, un tutt'uno inscindibile, che rappresenta forse il più perfetto esempio di come due generi tanto distanti tra loro abbiano in realtà qualche punto in comune.  E di come la musica contemporanea non sia affatto morta come si vuol far credere. A mio personale giudizio, disco imperdibile. Se riuscite a trovarlo, fatelo vostro!

01 - Intro (Unisono Lute Instrumental) (01:22)
02 - Chapter I (05:03)
03 - Chapter II (04:51)
04 - Chapter III (03:33)
05 - Chapter IV (10:31)
06 - Chapter V (04:51)
07 - Chapter VI (04:50)
08 - Chapter VII (04:52)   
09 - Chapter VIII (03:16)
10 - Chapter IX (06:22)