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sabato 13 novembre 2010

Shape Of Despair - "Shades Of..."

Spikefarm Records, 2000
I finlandesi Shape Of Despair sono riusciti in un'opera che normalmente non è semplice: con una manciata di album, ai quali è seguito un lungo periodo di silenzio che dura ancora oggi, si sono ritagliati un posto d'onore nell'Olimpo del  funeral  doom, tant'è che oggi quando si consiglia una band per cominciare l'ascolto di questo sottogenere, il primo nome che viene in mente è quasi sempre quello degli Shape Of Despair. Tutto ciò non è certamente un caso: il gruppo capitanato da Jarno Salomaa ha saputo costruire un sound molto particolare e ricercato, attingendo dalla lezione dei pionieri (Esoteric, Thergothon, Unholy) e rielaborando il tutto in maniera assolutamente personale, che li rende riconoscibili tra mille band. Introspezione oscura, malessere esistenziale, orchestrazioni a metà tra il diabolico e l'angelico, profonda malinconia e rassegnazione animica: questi sono gli elementi che hanno reso celebre il quintetto finlandese.

Questo "Shades Of..." è il primo capitolo discografico della loro carriera, un disco che colpisce subito per la sua profondità e capacità evocativa. All'epoca dell'uscita dell'album, il funeral doom era nato da poco: i nostri si inseriscono alla perfezione nel filone nascente, suonando una musica molto crepuscolare e ricca di atmosfera, povera di variazioni ritmiche ma ricca di elementi che impreziosiscono il sound, in particolare le orchestrazioni. I tempi sono rallentati (curiosità: tutto l'album è in tempo 6/8), le composizioni molto lunghe, l'insistenza dei passaggi è enorme, le armonie sono spesso poco convenzionali e dissonanti. Il flauto, elemento anomalo per un gruppo funeral doom, dona quel tocco di classe in più che distingue l'album dalla massa e gli fa guadagnare un alone particolarissimo: si può dire che il flauto è il leitmotiv dell'album, l'elemento cardine. L'incedere dei brani ricorda molto la corrente di un fiume, che scorre sempre costante, inesorabile, senza mai una battuta d'arresto o un'improvvisa accelerazione. Insieme a questa estrema semplicità ritmica abbiamo un lavoro chitarristico certamente non complicato, formato da riff insistenti e ossessivi che "pulsano" costantemente. Un ottimo lavoro è svolto dagli arrangiamenti di tastiera, sempre presenti in sottofondo e richiamanti un atmosfera oppressiva e sepolcrale, e dal duetto tra la profondissima voce cavernosa maschile e gli angelici vocalizzi femminili, che rimangono sempre tali in quanto la voce femminile non pronuncia una sola parola di senso compiuto. Una contrapposizione tra un demone e un angelo, per l'appunto, che si protrae per tutta la lunghezza dell'album, senza vincitori nè vinti.

La musica scorre come l'acqua di un fiume spettrale e oscuro, costante nella sua ragionata lentezza. I brani presentano poche variazioni l'uno dall'altro, ed è più logico pensare all'album come ad un unica, lunga composizione. Se si ascolta quest'album distrattamente, in cuffia e al buio, la musica può portare facilmente ad addormentarsi, per via della sua natura ipnotica e onirica. Chi si aspetta virtuosismi tecnici, melodie che puntano dritto al cuore, cavalcate chitarristiche e contaminazione tra più generi rimarrà deluso: il primo lavoro degli Shape Of Despair è dedicato ad un pubblico di nicchia, che ama immergersi in un "fiume" musicale fatto di emozioni nere, nel quale è l'atmosfera a fare da padrona. Un'atmosfera funerea e lugubre, come del resto recita proprio il nome stesso del sottogenere che gli Shape hanno contribuito a creare. Consigliato a tutti coloro che tramite la musica cercano di venire in contatto con il proprio lato oscuro.

01 - In The Mist (13:45)
02 - Woundheir (10:46)
03 - Down Into The Stream (8:22)
04 - Shadowed Dreams (11:14)
05 - Sylvan Night (13:00)